Brindo a mio padre che oggi compirebbe 90 anni

L'autrice con il padre  alla passeggiata panoramica del pontile di Bagnoli (Napoli)

L’autrice con il padre alla passeggiata panoramica del pontile di Bagnoli (Napoli)

di Alba L’Astorina

Aveva scelto la collina di Posillipo, mio padre, per confessarmi il suo cruccio rispetto alla morte.

Eravamo sulla terrazza del Virgiliano. Davanti a noi la baia di Trentaremi. Entrambi intenti a fissare un punto indistinto nella distesa di mare che luccicava di fronte ai nostri occhi. Gli avevo chiesto di cosa avesse paura. Non era il trapasso in sé che lo spaventava. Lo infastidiva, piuttosto, immaginare le facce infelici delle persone al suo funerale. Non gli andava proprio giù l’idea che qualcuno potesse intristirsi pensando alla sua persona.

Non potevo dar torto a mio padre. Sarebbe stata una beffa per uno come lui che preferiva la compagnia di bambini e di giovani, perché più inclini dei suoi coetanei al sorriso e al divertimento. Ne sanno qualcosa i nipoti, ai quali raccontava surreali storie inventate che avevano come protagonisti loro stessi (esattamente come aveva fatto, nell’Ottocento, lo scrittore inglese Milne che aveva reso protagonista delle storie di Winnie the Pooh l’orsacchiotto di pezza del figlio, Christopher). Ne sanno qualcosa anche i nostri amici, che ne apprezzavano la presenza, immancabile, nelle serate musicali e danzanti, fino a notte inoltrata, a casa di Stefania e Paolo.

I genitori di Alba, giovanissimi, in barca a Capri

I genitori di Alba, giovanissimi, in barca a Capri

Era un uomo brillante e con un forte senso dello humor, mio padre, sebbene gli ultimi anni della sua vita fosse diventato un po’ ipocondriaco, come succede a molte persone della sua età. Ma anche da ipocondriaco, aveva una teatralità che faceva durare pochissimo l’irritazione di chi, a turno, tormentava con le sue malattie presunte o reali. Come quella di mia madre, compagna di una vita che, negli ultimi anni aveva il compito di somministrargli i medicinali per i suoi vari acciacchi. Era lei a tenere i tempi della cura per entrambi, perché lui non ci vedeva bene. Secondo un rituale che si ripeteva identico ogni mattina, mamma disponeva in fila, accanto all’orzo e alle fette biscottate, la vasta gamma di pillole colorate che scandivano i momenti della loro giornata. Sistemava le sue dosi vicino alla tazza e lui, dopo aver fatto colazione, le prendeva. Non era raro vederlo tastare, invano, la tovaglia alla ricerca delle pasticche e chiedere a mia madre conferma dell’avvenuta assunzione: «Titì m’aggio pigliato a pillola?» (Titina, ho preso la pillola?). Lei ricordava di avergliela data, ma da lì partiva una discussione che poteva andare avanti per un po’ fino a che la pillola non veniva trovata, per terra o prossima al suo piatto.

alex ny

A New York

A pensarci bene, la semicecità di mio padre è rimasta per me un mistero. Era certo che non ci vedesse, lo diceva la diagnosi dei medici, “degenerazione maculare senile”, e lo dimostrava il suo comportamento incerto mentre infilzava con la forchetta il cibo nel piatto (gesto che faceva star male mia sorella). E poi quel bigliettino che un giorno ho trovato nei suoi pantaloni, su cui, a caratteri cubitali, aveva trascritto il nome del suo badante, SERGIO. Eppure a volte, camminando per strada, stretto all’inseparabile braccio di mio marito, nutrivo dei dubbi, perché riusciva a scansare ostacoli di cui neanche io mi ero accorta o a identificare piccoli dettagli che mi sembravano poco compatibili con la sua sindrome accertata.

Alla semicecità e alla sua fervida fantasia credo fossero associate anche le allucinazioni visive che mio padre ha avuto per un lungo periodo. Ha cominciato prima dicendo di vedere ogni tanto un bambino biondo riccioluto che gli sorrideva e gli parlava. Poi è stata la volta di una intera famiglia che si era appropriata della terrazza sulla quale amava trascorrere le sue giornate. «Sono venuti in bicicletta passando attraverso un filo che collega il mio balcone con il palazzo di fronte», mi aveva confessato una volta a voce bassa, per evitare che la dirimpettaia lo sentisse. Descriveva le persone che vedeva e i loro movimenti con una tale dovizia di particolari che aveva fatto spaventare più di una volta mia madre. Eppure i dottori ci avevano assicurato che non avesse disturbi mentali, né gli oculisti che abbiamo consultato erano riusciti a fornirci una spiegazione del suo sintomo.

Nessun medico me l’ha voluto mai confermare ma io credo che mio padre fosse affetto da una sindrome di cui avevo letto per caso su Internet, che colpisce pazienti in età avanzata che soffrono di un disturbo agli occhi. Si tratta della sindrome di Charles Bonnet, dal nome del filosofo e biologo ginevrino che aveva descritto per la prima volta, nel 1760, alcune allucinazioni visive di cui soffriva suo nonno, sano di mente, ma con un handicap visivo. Nel corso degli anni furono parecchi i casi descritti in pubblicazioni mediche e nel 1936 Morsier propose di dare un nome a questa sindrome. Ma pare che pochissimo se ne sappia, sebbene recentemente se ne sia occupato anche il famoso neurologo Oliver Sachs, proprio perché le persone affette non ne parlano, temendo di esser prese per pazze.

Mio padre, invece, non sembrava preoccupato di questo rischio e spiegava senza timori quello che vedeva. Un giorno, dopo pranzo, è tornato indietro dalla camera da letto, dove si era diretto per riposare, chiedendo a mia madre infastidito: «Titi’ fai aiza’ a chill’ omme a copp’ ‘o liett ca m’aggia cucca’ io?» (Titina, provi a far alzare tu dal mio letto quell’uomo? vorrei andare a riposare).

Quella mattina, sulla terrazza di Posillipo, senza staccare gli occhi dal mare, ho promesso a mio padre che mi sarei occupata del suo cruccio e così, il giorno del suo funerale, un gennaio di 4 anni fa, ho deciso che avrei brindato alla sua morte.

Ricordo ancora lo sgomento delle numerose persone venute alla cerimonia, quando, dopo l’uscita dalla chiesa, poco prima di mettermi in fila dietro al feretro con la mia famiglia, ho dato appuntamento ad alcuni di loro a casa, per un ultimo brindisi a mio padre. Qualcuno deve aver giudicato fuori luogo il mio gesto, ma chi lo conosceva non ha avuto alcuna esitazione e il suo volto si è aperto in un riconoscente sorriso, come di chi è stato sollevato da un peso.

Oggi mio padre compirebbe 90 anni. Brindo, sorridendo, alla sua eterna salute.

7 thoughts on “Brindo a mio padre che oggi compirebbe 90 anni

  1. non c’era lo spazio per farci stare tutto in questo breve ricordo di mio padre, i luoghi che con mio padre ho frequentato, Procida, Salerno, Ischia, Praia a Mare, Serapo, Diamante, e poi Ferrazzano …. Venezia, dove l’ho portato per il suo ultimo compleanno.
    Ma, soprattutto, non c’è lo spazio per farci entrare dentro tutte le persone che lo hanno amato e si sono divertite in sua compagnia. A parte la mia famiglia, i nostri amici, Margherita, Silviuccia e Umberto, Teresa e Giovanna, Adriana, Fortuna e Giancarlo, Salvatore ….. e mi fermo perché farei torto di certo a qualcuno, e non c’è qui Alex ad aiutarmi!!

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    • Ricordo di quel giorno il viso sorpreso degli amici mentre brindavamo ad Alex, lui diceva sempre ” Quando muoio, non bisogna piangere ma brindare perchè ho avuto una vita ricca, ho avuto voi” Ricordo il tavolo di cucina pieno di tutte le foto che babbo amava ingrandire, non vedeva più bene ma non voleva rinunciare ai suoi ricordi, foto di lui con mamma, dei figli e dei nipoti.
      Ricordo l’ultima zia a noi rimasta, la sua sorella più piccola che ci guardava e nonostante la sua età il suo bagaglio di tradizioni, condividevava con noi quella “Festa”.
      Ricordo che il titolare delle pompe funebri si congratulò con noi per la nostra gentilezza la nostra unione e per il modo di ricordare Babbo anche nei manifesti funebri “padre e marito esmplare”.
      Ricordo anche in quel grande dolore, che non capivo e non riuscivo a gestire, le 5 ore passate all’ospedale San Paolo con mio figlio Armando, collassò quando tutti andarono via, vomitava, aveva la diarrea la pressione bassa aveva “Il mal di Nonno” .Aveva rappresentato tutto nella sua vita, il primo amico di giochi. il primo complice, il primo alleato, le prime lunghissime passaggiate per l’amata Napoli, colui che per primo gli comprò le sfogliatelle nel chiosco sotto la galleria” Principe Umberto. Anche se certi ricordi erano solo sensazioni, odori, luci, era colui che lo accompagnava, ancora cucciolo, per le lunghissime passeggiate a Marina di Camarota, alle 6 di mattina quando noi dormivamo ancora, colui che lo aveva accompagnato alla base alla Piscina. Nei ricordi di Alex la barzelletta “delle briosce” i racconti di quando arrivava al porto la Flotta, così la chiamava, e di tutto ciò che combinavano i soldati americani quando andavano al circolo a mangiare. Quanti i ricordi, le feste di compleanno per ognuno di noi, tutti gli anni, del gioco della “sedia” che organizzava , e di quel trenino di tutti noi bambini al suono di “Ciao Ciao” di Sandy Show, in fine tanti nella sua millecento per tornare a casa. Mi piace chiudere questo disordinato numero di ricordi pensando che anche ai tuoi 90 anni avremmo organizzato una bella festa, magari concludendola con il trenino, ti dico solo “Ciao Ciao Alex”

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  2. Ti capisco Alba, anche a me è successo con la morte di mio cognato Steve, morto troppo giovane, ma in quei 50 anni è riuscito a vivere appieno ogni momento anche magari a volte in maniera eccessiva, e pure noi abbiamo scelto di festeggiarlo in casa il giorno del suo funerale e sono certa che lui ne sia stato molto contento e quindi mi unisco al tuo brindisi! Un abbraccio eugenia

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    • cara sorella Patrizia, bellissimo il tuo ricordo, come ho scritto tutta una vita non ci stanno in poche righe, ma poche righe possono rievocare tutta una vita, e così sono le tue. Anche io ho pensato alla zia Ninnella, a Fortuna (che mi ha detto, sorridendo: ” m’è proprio piaciuto questo funerale” , pure al mio voglio lo stesso “servizio” … risate) e,tra tutti a Pippo, che babbo si scarrozzava per tutta Napoli con noi piccoli. Cn Peppe in qs gg abbiamo ricordato l’80esimo a sorpresa, in costiera tutti a Le Ginestre, che ricchezza di vita!!

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  3. cara sorella Eugenia, proprio a Steve ho pensato quando ho scritto di mio padre. Ricordo bene il rinfresco che avete organizzato per il fratello di Peter, ed il contegno di Peter, con il sorriso sul volto e il dolore forte e intenso dentro. L’ho apprezzato molto, e credo che in fondo mio padre, avendo lavorato per anni in una base americana, ne abbia ereditato un po’ lo spirito pragmatico. Ricordo che di Steve, pur non conoscendolo, ho potuto assaggiare i sapori che amava grazie a quel rinfresco dopo il suo funerale.

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  4. quel 6 di agosto mattina -quello del caffellatte brioches e marmellata in corsica :-)- è iniziato al forno a prendere il pane fresco dicendo ‘oggi papà mio compie 80 anni!’ noi a casa siamo sempre stati abituati a parlare nei nostri al presente. e ogni volta ai compleanni brindiamo come se ci fossero. il giorno di quell’intervento là, che mio padre ha affrontato con ‘o la va o la spacca tosa!’, i ragazzi ed io siamo andati a pranzo ridendo cercando di fare come se niente fosse. abbiamo pianto e strapianto quando ci han detto che lui non ce l’ha fatta, ma la sera del suo funerale tutti noi e la famiglia di paola abbiamo comprato la pizza al trancio con mille cose sopra e i funghi e il prosciutto cotto e i carciofini, quella che lui ha preso per una vita sempre uguale. e anche mia mamma, che con papà ci ha trascorso 50 anni, ha brindato quando io ho alzato il bicchiere e qualcuno deve aver detto una delle cose umoristiche che mio padre dal nulla tirava fuori, lui sempre così riservato e leggero. e quindi una bella risata ha scaricato la tensione di quei giorni, permettendoci di salutarlo come lui avrebbe voluto. lui che ai funerali dei miei fratelli ha guardato tutti e tutto ma mai la bara, perché tanto non era lì che stavano i suoi figli.

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    • cara Elisabetta, sorella mia come le tante della mia famiglia allargata, ricordo benissimo il giorno del funerale di tuo padre, ricordo di aver pianto, tanto – ma proprio tanto che non riuscivo a fermarmi – tuo padre, come fosse mio padre, perché era il padre di una delle mie sorelle, ma era stato soprattutto il padre di Luca, figlio dei suoi figli troppo presto pianti (come non dovrebbe mai accadere ad un genitore), e io quel giorno mi sentivo vicino a Luca come ero stata accanto a mio figlio Domenico, a cui mio padre era enormemente legato … …. e come hai ricordato tu dal pulpito della chiesa, Domenico era lì accanto a Luca, e così l’onore alla vita che continua è stato salvo …

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