«Come si chiama l’autore che abbiamo studiato?» «Ghett.»

di Maria Luisa Spaziani*

Foto_Intervista_Spaziani

Nata a Torino nel 1922, Maria Luisa Spaziani è morta a Roma il 30 giugno scorso. E’ stata candidata tre volte al Premio Nobel per la letteratura

Quasi mai Montale mi telefonava a Messina, ma quella volta c’era una strana urgenza. «Mi ha chiamato Landolfi, vorrebbe sapere subito qual è il titolo di quel gruppo di poesie di Goethe di cui gli hai parlato, un episodio che gli ispira irrefrenabili risate…» «Ah, se ne ricorda ancora, che onore che per quella piccola storia abbia coinvolto anche te.»

Nei miei primi due anni d’università avevo avuto l’incarico alla cattedra di Lingua e letteratura tedesca, in attesa di poter accedere alla cattedra di francese. C’erano, in facoltà, circa duemila iscritti perlopiù provenienti dalla Calabria, che non aveva ancora università sue. La mia parte era di circa sessanta studenti – o per meglio dire, quasi tutte matricole – di tedesco. Facevano uno o due esami, se ne andavano, e a parte i residenti, benestanti, di buona famiglia, si trattava di pendolari o lavoratori. Il secondo anno feci un breve corso monografico dedicato alle poesie di Sesenheim, che il giovanissimo Goethe aveva scritto per una ragazza, pare addirittura una fidanzata. Sappiamo che la storia finì e che la ragazza si uccise. Forse fu la sua prima profonda esperienza della morte precedente all’ideazione del Faust.

Si presentò all’esame un ragazzone più che trentenne. Per difficoltà varie di distanza e di relativa povertà familiare, ben pochi frequentavano, e il loro livello culturale era molto basso. Venne dunque l’irsuto ragazzone, che a un primo sguardo poteva anche essere scambiato per un camionista. Molti, piuttosto insensibili alla cultura e particolarmente alla poesia tedesca, avevano bisogno di quel “pezzo di carta” magari per accedere a un impiego al catasto o a uno sportello del botteghino del lotto. L’esame andò pressappoco così. «Come si chiama l’autore che abbiamo studiato?». «Ghett.» «E a chi ha dedicato queste poesie?» «Alla fidanzata.» «L’ha poi sposata?» Il camionista sospira, soffre, e guarda intensamente il mio viso per indovinare la risposta. Alla fine dice: «No». «Bene,» dico io «e come mai non l’ha sposata?».

Riprende a soffrire visibilmente, si agita sulla sedia, suda, e non trovando subito le parole si abbandona a una gesticolazione desolata. Finalmente si decide: «Sa, professoressa… Quando si ha una bella intelligenza, la smania dei lunghi viaggi, belle prospettive di successo, molte ambizioni eccetera, sa… (annaspa, prende tempo) «insomma, non è proprio consigliabile mettere subito su famiglia così giovane, no, cercare una casa, non so a quei tempi, e poi dover dare da mangiare ai figli, no, no, non è proprio il caso».

Montale e la Volpe

Quello con Maria Luisa Spaziani è stato forse il più bell’incontro della mia vita. E oggi, alla riapertura dell’anno scolastico, mi piacerebbe chiederle com’è andata poi a finire con quel suo studente interrogato su «Ghett.». Chissà se lo aveva bocciato o se, invece, aveva contribuito, anche lei, a farlo laureare e mettere in cornice quel fatidico “pezzo di carta” tarlato dall’ingoranza e dall’approssimazione.  Era il 1964 quando la “poeta” (ci teneva moltissimo a non essere definita “poetessa”) fu chiamata a insegnare a Messina. Cinquant’anni dopo, a Sud come a Nord, chiunque abbia dovuto esaminare studenti universitari non penso abbia tanta voglia di sorridere di fronte all’evidenza che uno “spicchio” – consistente – di laureandi italiani arriva anche al traguardo della magistrale senza padroneggiare la grammatica, l’ortografia, la punteggiatura. Alla fine, con soddisfazione delle statistiche, i tappi delle bottiglie di spumante saltano lo stesso, le famiglie si commuovono e si inorgogliscono. E giù con le strette di mano a quello “spicchio” di docenti che non ha fatto tutto quanto poteva e doveva per rendere i “pezzi di carta” più sudati e costellati da pedagogiche ed etiche bocciature.

Il racconto di Maria Luisa Spaziani è tratto da “Montale e la Volpe. Ricordi di una lunga amicizia” (Mondadori, 2011)

 

(Paola Ciccioli)

 

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