Di nuovo “noi”: un oceano e 37 anni dopo

di Adele Colacino

La mia vita l’ho passata in gran parte attraversando il mare. Tra il nord dell’Italia e il Venezuela.

Due mondi totalmente diversi che non si sono mai veramente amalgamati né nel mio cuore né nella mia testa.

Mi piaceva stare nella mia casa in Venezuela, con mamma e papà e il mio fratellino, ma fu deciso che dovevo stare lontano, in Italia con gli zii e con la nonna, dovevo andare a scuola in Italia e fui impacchettata e spedita, senza poter dire: NO!

Può un pacchetto decidere il suo percorso? Ha due etichette incise nella pelle, una da dove viene e una dove andrà.

Il pacchetto andava e tornava attraverso l’oceano e ogni volta il timbro sulle carte era un segno indelebile impresso nella carne, timbri e timbri, tanti da cancellare sentimenti, fiducia, speranze.

Era d’estate, era una festicciola in casa della mia amica del cuore, non conoscevo gli altri, io tornavo solo per le vacanze e non avevo amici veri né al di qua né al di là del mare.

Era di sera e tra un lento e un twist, un ragazzo mi chiese di fare due passi in giardino, al terzo cercò di saltarmi addosso. Lo respinsi offesa e spaventata e tornai in casa.

Non mi piaceva più la festa, non mi piaceva più nessuno, rimasi seduta in disparte irritata anche con la mia amica che non comprendeva e sorrideva della mia reazione.

Sentii qualcosa pesarmi addosso, un gancio come un soffio d’aria mi fece alzare lo sguardo, cercai intorno e lo vidi. Stava appoggiato a un muretto, lo sguardo ironico nel fumo ostentato della sua sigaretta, i capelli lunghi, gli stivaletti spavaldi.

Venne a sedersi accanto a me: «Que pasa?». «Voglio andare a casa!». «Vuoi che ti accompagni?». «Si!».

Non era molta la strada da fare, ma il Tempo comprese prima di noi e si fermò.

Ci raccontammo, ci raccontammo come per colmare il tempo vissuto prima, come per sanare un dolore, io senza di lui, lui senza di me.

Le vacanze erano appena iniziate, ci vedemmo ancora qualche volta, mi baciò e doveva essere per sempre.

Se ne accorse mia madre, e come una Parca che tiene in mano il filo della vita, decise che lui andava cancellato. Lei che non poteva accudirmi, lei che mi aveva chiamata in disparte per darmi la lieta novella che avrei avuto un altro fratellino, lei che non asciugava mai le mie lacrime quando chiedevo di restare, lei che decideva senza incrociare lo sguardo vinto di mio padre, lei stabiliva sempre per il mio bene e nel mio futuro non era inquadrabile il figlio di un amore meticcio.

Mi chiuse in casa, sequestrò le lettere, ogni contatto con l’esterno e la mia resistenza venne sbriciolata quando mi fece credere che si arrendeva, che potevo restare ma era necessario che venisse dall’Italia la nonna ad aiutarla, che la nonna non poteva fare il viaggio da sola, che dovevo andare a prenderla.

Il biglietto aereo era di sola andata e la nonna era d’accordo con lei.

Non ebbi più vacanze oltre l’oceano per alcuni anni, credetti che lui si fosse scordato di me e lui pensò che mi fossi scordata di lui.

Coprii la ferita con gli impegni, con gli amici, con qualche amore.

E quando arrivò la possibilità di tornare nella casa oltre l’oceano, volli punirla e rimasi incinta e mi sposai.

E passarono gli anni, e non tolsi mai la benda su quella ferita, non volevo vedere che forma avesse preso, se ci fosse una cicatrice o se il sangue potesse sgorgare ancora.

E passarono gli anni e furono tristi di malattie, di delusioni, di offese.

E fui madre tenera

E fui nonna felice.

E venne il giorno in cui mi accorsi che poteva bastare.

Lo spiegai emozionata, ma ferma e decisa, a mia figlia ostile, ai nipotini increduli, al giudice del Tribunale che per fortuna non allungò i tempi e comprese che io non respiravo più mentre lui respirava a fondo in un bicchiere e con gli amici.

Adele

Adele Colacino, qui nella foto che ha scelto per il profilo Fb, ci ha inviato questa nuova storia delle “Donne della sua realtà” dalle vacanze sulla costa jonica calabrese

Le serate lunghe e solitarie quando sai che non devi aspettare chi farà tardi o verrà all’alba vennero stuzzicate da un computer: il solitario, qualche mail alle amiche lontane e Facebook.

Dopo solo qualche giorno lessi un messaggio: «Sei tu?».

C’era una foto, ma non i capelli lunghi e non si vedevano gli stivaletti spavaldi.

Aspettai una decina di giorni, poi decisi che sì, potevo sbirciare sotto la benda: «Già, sono proprio io».

Siamo noi trentasette anni dopo.

AGGIORNATO IL 25 FEBBRAIO 2018

5 thoughts on “Di nuovo “noi”: un oceano e 37 anni dopo

  1. Dopo “cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese”, Florentino Ariza e Fermina Daza coronano il loro amore trattenuto dalle maglie del tempo…quel tempo che tutto prende e tutto rende.

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  2. “Il tempo per ognuno ha un inizio e una fine, ma per l’universo è infinito. esso è più grande di noi, non potemmo mai sostenerlo, né catturarlo. Ci sovrasta. Tuttavia siamo creature fatte di tempo che ci trasforma, che ci plagia a suo piacere. Lo temiamo e pur lo sfidiamo caparbiamente e non consideriamo che la gara è già persa in partenza.” (Rosalba Griesi, Nel mare del tempo, Pianetalibro Editori, 2009)

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