I semi di malaffare che fanno inchinare le Madonne davanti ai boss

di Adele Colacino

Oppido Mamertina

Domenica 6 luglio, a Oppido Mamertina (in provincia di Reggio Calabria), durante la tradizionale festa della Madonna delle Grazie la processione ha sostato davanti alla casa di Giuseppe Mazzagatti, 82 anni, condannato all’ergastolo ma agli arresti domiciliari

L’inchino della statua della Madonna davanti alla casa del boss ha riempito pagine di giornali e spazi nei telegiornali nazionali e un po’ meno in quelli locali.

Ancora una volta la Calabria è stata risucchiata in evidenza, come quando si guarda una mappa, un ricamo e per vedere meglio un particolare si mette davanti all’occhio una lente di ingrandimento.

Come quando si accende sullo schermo il satellite Earth… il globo…l ’Italia… la Calabria… opplà: Oppido Mamertina.

Mi chiedo: se Papa Francesco non fosse venuto fin qui a dirglielo in faccia ai mafiosi che “sono scomunicati” quell’inchino sarebbe mai saltato all’attenzione della cronaca?

In tutti i paesi calabresi, con l’arrivo dell’estate e con il ritorno degli emigrati, si festeggiano le madonne e i santi patroni, anche se il calendario porta l’onomastico in un mese invernale.

E si fanno le processioni e si accendono i ceri e si fanno i mercatini e si raccolgono le offerte con le banconote appuntate sui vestiti della Vergine o sui vestiti dei Santi, anche quelli che in vita fecero voto di povertà.

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«Coloro che nella loro vita hanno questa strada di male, i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati». Queste le parole pronunciate da Papa Francesco il 21 giugno nella piana di Sibari, davanti a 250 mila calabresi

Si sparano i fuochi di artificio, tanti, costosi e le statue, specialmente nei Comuni di alcune zone, si fermano, si girano, salutano, onorano e tutti dietro si fermano, aspettano, mormorano o indifferenti pregano con lo sguardo mistico rivolto al cielo.

Avevo sempre sentito parlare dei “Vattienti” e una volta ci volli andare a Nocera Terinese.

Rimasi sconvolta dallo spettacolo e dall’odore acre del sangue misto all’odore dell’aceto che si respirava nelle stradine, dalle lacerazioni che gli uomini si infliggevano sapientemente con il “cardo”.

I tredici pezzettini di vetro incollati con la cera al sughero sporgono di pochi millimetri, ma graffiano abbastanza da procurare il sangue da offrire ai piedi della Madonna.

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I “Vattienti”. «I flagellanti di Nocera Terinese non costituiscono una confraternita religiosa, non si battono per protestare contro una società misera e malcontenta. Si battono per voto che si adempie per ottenere una grazia o perché l’hanno già ottenuta. Il voto viene sempre fatto per ragioni familiari ed è essenziale per il flagellante compierlo, anche a costo di grandi sacrifici». (cit. da “Oje è vennere santu…” , a cura di Antonio e Giovanni Mendicino)

Pensai ai virus, ai bambini che calpestavano ignari quelle macchie di sangue.

Incontrai un uomo giovane sanguinante e gli chiesi di parlare con me, di raccontarmi perché lo facesse.

Era orgoglioso, mi disse che era la prima volta e che aveva aspettato tanto, era una prova di forza e si faceva, in genere, in onore di qualcuno. «Tu per chi lo stai facendo?», chiesi, «Per una ragazza con la quale voglio fidanzarmi». «E lei sarà contenta di questo?», continuai a chiedere. Non lo sapeva, ma gli sembrava comunque importante farlo. Pensai a Kunta Kinte e alla sua attesa di ricevere l’arco per andare a cacciare con gli uomini della sua tribù.

Il mare di luglio in Calabria, orme che vanno!

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Il mare di Adele (e della Calabria)

Non c’erano donne fra i vattienti e non c’erano, almeno quella volta, ragazzi che avessero studiato oltre la scuola dell’obbligo. Mai si era “vattuto a sangue ” il medico o il farmacista o il maestro .

C’era una processione per le stradine del paese, c’era una statua della Madre Addolorata, c’era tantissima gente dietro, anche quella volta la statua si fermò un paio di volte davanti ad alcune porte, un ammalato grave, mi sembra di ricordare, un lutto recente.

Non sapevo e non chiesi chi fosse il vivo o il defunto degno del saluto della statua.

Non frequento abitualmente i riti e le parrocchie e spesso mi sono sentita dire «che devi starci dentro per capire,» per conquistare il diritto di critica.

Che non importa chi sia o come operi l’officiante, conta la Fede, contano i sacramenti .

Più o meno gli stessi articoli che regolano la vita dei partiti politici.

Tante volte, specialmente in alcuni periodi cruciali, anche nella mia città – Catanzaro- sono uscita di casa decisa a prendere una tessera, per stare dentro, per parlare con parole «riconosciute perché legate ad un numero su un cartoncino». Sono sempre tornata a casa senza quel cartoncino.

Sono sempre tornata a casa delusa da un rito dove un officiante parlava con parole usate, spesso abusate, uguali, minacciose, imperanti.

In Calabria c’è la ‘ndrangheta, vive e prospera a volte velata a volte cruda e cruenta.

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Crotone. «La strada dedicata alla memoria di Lea Garofalo si somma alle tante iniziative, sorte in molte città italiane, volte a dedicare strade, piazze e giardini a figure femminili. Proposte portate avanti, attraverso Facebook, dal gruppo “Toponomastica femminile” creato da Maria Pia Ercolini, insegnante di geografia a Roma, per fare pressione sulle amministrazioni locali. Ricordare Lea Garofalo significa portare alla luce il ricordo di tante donne che si sono esposte contro la mafia rischiando la propria vita». (cit. da http://www.combonifem.it)

È  allattata dalla paura, dall’indifferenza, dalle opportunità usate da chi ad intervalli frequenti, e magari da anni, appiccica sui muri la propria foto promettendo coraggio, cambiamenti, trasparenza, impegno.

Non sarà mai svezzata dal popolo che vorrà ostinatamente continuare a credere e sperare in quelle promesse, false da sempre.

Il disfacimento inizia subito dopo le campagne elettorali, spesso nessuno si preoccupa di ripulire i muri e ogni superficie possibile dai manifesti con facce che rimangono inalterate negli anni, che non invecchiano, che non cambiano.

Mi guardano seccati e offesi quando dico che siamo tutti un po’ mafiosi, cambia la patina che ci portiamo addosso, può essere solo un profumo o un cerone o una muta o uno scafandro.

Fino a quando ognuno non gratterà via dalla propria mente che anche un sorriso, un caffè, un silenzio, un favore piccolo piccolo, dato o ricevuto, un ormai e un checipossofareio? sono semi di malaffare, IO NON CAMBIERO’ IDEA…

4 thoughts on “I semi di malaffare che fanno inchinare le Madonne davanti ai boss

  1. «Hanno pensato di festeggiare con i fuochi d’artificio la prescrizione scattata per il loro parroco in un processo di ‘ndrangheta. E’ successo a Reggio Calabria, dove don Nuccio Cannizzaro è uscito indenne dal procedimento in cui era imputato per falsa testimonianza a favore di un presunto boss. E intanto ieri sera è saltata la processione della Madonna del Carmine perché tre dei portatori della statua erano ritenuti vicini a una cosca».
    Sul “Corriere della sera” di oggi.

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  2. E’ una guerra che in questi giorni è diventata più palese, dopo le parole di papa Francesco. Non mi meravigliano i fuochi di artificio per festeggiare. Gli attori devono stare sulla scena e ben visibili e con la voce forte per essere sentiti ed ascoltati dal pubblico. Continuando ad usare l’analogia, è vitale il comportamento di questo pubblico che può applaudire, tacere o non partecipare o meglio ancora dichiarare se il costo del “biglietto” vale lo spettacono o se la critica espressa deve tendere a stroncarlo. Ed ormai è acclarato che non è solo un problema della vecchia terribile “questione meridionale”.

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