di Chiara Pergamo
Per ciascuno noi, il primo appuntamento è sempre un momento di grande coinvolgimento emotivo: come glielo chiedo? Come mi vesto? Dove potremmo andare a prendere un caffè? E se non beve caffè?
I giusti timori e le apprensioni di mamme e amici si mescolano alla curiosità frivola di chi vorrebbe condividere con te il pettegolezzo sul nuovo flirt. Tutto normale, dunque.
Sì, va bene, ma se tu sei autistico? O se soffri di un disturbo ossessivo-compulsivo che ti impedisce di avere un contatto fisico con le persone? Diciamo che in questi casi la situazione si complica.
È proprio su “questi casi” che si concentra The Undateables (letteralmente “Gli inappuntamentabili”), docu-reality della BBC portato in Italia da Real Time, che vi ha aggiunto il sottotitolo L’amore non ha barriere: lo scopo di questo programma è di mostrare come ragazzi e ragazze che convivono con una diversità fisica o mentale possono desiderare, come tutti, di trovare una persona con cui avere una relazione sentimentale ed essere amati per ciò che sono.
In ogni episodio si raccontano le storie di 3 giovani che, con l’aiuto di esperte agenzie di incontri, vivranno il loro appuntamento romantico (spesso il primo della vita), al pari dei ragazzi “comuni”: si parla con i protagonisti, si conoscono le loro famiglie e si racconta, appunto, di come viene affrontata una cena fuori o una passeggiata sul lago.
Incontriamo così Richard, che soffre di sindrome di Asperger e non ritiene sia sgarbato rubare il cibo dal piatto della ragazza che ha portato a cena fuori; conosciamo Penny, che nonostante una grave patologia renda le sue ossa estremamente fragili e abbia bloccato la sua altezza a meno di un metro, nella vita fa la trapezista circense e sogna un bell’uomo altro un metro e ottanta.
Il programma, dunque, si concentra su un tema delicato: le persone con disabilità sono “normali”? I loro desideri e le loro ambizioni in campo sentimentale possono essere gli stessi delle persone senza disturbi invalidanti o devono accontentarsi di “quelli come loro” o anche di star da soli, perché no?
A ben guardare, conosco decine di persone “normali” che fanno una fatica impressionante ad avere un appuntamento, quindi forse i problemi di salute non sono necessariamente un discrimine tra chi può e chi non può avere una relazione. Le persone presentate da The Undateables non sono deformi, sono difformi, cioè hanno solo una “forma” diversa da quella canonicamente presentata come lo standard, ma per il resto sono uomini e donne, ragazzi e ragazze che condividono in pensieri, parole, opere e omissioni gli stessi caratteri di tutti noi.
I media sembrano non affrontare volentieri il tema di chi è fuori dal canone, che sia per etnia, scelte sessuali o, appunto, peculiarità fisiche: ci sono scuole di pensiero che sostengono che addentrarsi in queste tematiche sia un po’ forte, un tabù, un po’ di cattivo gusto, ecco.
Parliamoci chiaro: il sandalo col calzino è di cattivo gusto, gli spaghetti col ketchup lo sono, ma l’autismo non è di cattivo gusto, soprattutto se a parlarne non è un qualche fanfarone con la bocca piena di luoghi comuni, ma il diretto interessato, in prima persona. Anzi, in tema di cattivo gusto, ho trovato molto elegante la scelta del programma quando, presentando la storia di un ragazzo affetto da sindrome di Tourette (patologia neurologica che porta ad avere scarso controllo sul proprio corpo o sulle parole che escono dalla propria bocca), ha preferito non bippare le parolacce che lui involontariamente lanciava ai malcapitati o alla ragazza stessa con cui aveva un appuntamento: l’ho trovata una scelta di grande rispetto perché immagino che anche a lui piacerebbe bippare gli improperi che la sua lingua scaglia, ma censurarli avrebbe bollato il suo comportamento come inappropriato per l’ambiente televisivo o per la sensibilità degli spettatori. È vero, dire le parolacce è maleducazione, ma se ti escono improvvise e involontarie come starnuti, nessuno ti deve biasimare per ciò che sei.
The Undateables risulta quindi un programma leggero, fresco, pulito, che affronta con la professionalità tipica della TV pubblica britannica BBC un tema serio, ma smorzato da una vena di simpatia, senza scadere nel comico-grottesco: in Italia saremmo in grado di fare lo stesso? La Rai, la nostra Tv di Stato, ha accarezzato di recente sul terzo canale il tema del rapporto tra diversamente abili e società con Hotel a sei stelle, un docu-reality in cui si sono seguite le vicende di sei ragazzi affetti da sindrome di Down assunti per un tirocinio in un albergo di lusso a Roma come camerieri e receptionist.
Lo spirito è più o meno quello di The Undateables, leggero e gioviale, ma qui si va a puntare la lente sull’inserimento dei diversamente abili nel mondo del lavoro, un tema a cui anche le istituzioni si sono dedicate già da tempo.
Il passetto in più che ha fatto Real Time ospitando il programma della BBC è stato di aver colto un argomento che sui network un po’ più parrucconi genera qualche pruderie, ma che sul canale femminile del gruppo Discovery (che effettivamente ogni tanto propone programmi più kitsch delle bomboniere col tulle) diventa una piccola perla, un punto di vanto che fa capire come a Real Time abbiano l’occhio attento e vivace per capire che cosa resta ancora in sordina nella società odierna, ma è già pronto a diventare focus di interesse nei tempi a venire.
*Di Chiara Pergamo, appassionata ed esperta di linguaggi televisivi, abbiamo già pubblicato “Avanti un altro!”, indietro tutti e Quel mezzo milione di telespettatrici che ha voltato le spalle al più soft “Avanti un altro!”