Scelsi LUI’, così persi mia figlia e trovai la sua

di Adele Colacino*

rosa rossa

Il mio nome era ROSAROSSA

Ho attraversato paesi e città, ho conosciuto la miseria e il lusso.

Nascere in una famiglia povera, nascere donna, nascere in un paese del Sud, non è una combinazione vincente – spesso significa dover lottare e pagare caro ogni passo, in ogni giorno di tutta la vita .

Le scelte da farsi erano sempre per il male minore : scappare lontano, proteggere la figlia in ambiente sicuro e riprenderla quando sembrava che una vita normale fosse possibile e poi, quando ogni pezzo faticosamente s’incastrava finalmente al suo posto, arriva la passione, arriva l’amore difficile, complicato.

Ancora una scelta lacerante, saltare tenendo le mani sugli occhi e sulle orecchie per non sentire, per non vedere il dolore degli altri, quello di un’altra donna, quello dei suoi figli bambini, lui che aveva per me e per mia figlia una casa, forse un futuro.

Andare via e prendere dalla vita quanto sembrava mi spettasse, infine.

Altre città, altre case, altri giorni .

Scelsi LUI’ che per me rinunciava a vivere i suoi figli, un lavoro sicuro, la sua città, i suoi amici, tutta una famiglia che lo cancellava da ogni legame, da ogni Natale, da ogni comunicazione, perché sceglieva me, una donna che aveva già sbagliato e da alcuni anni aveva trovato rifugio sotto l’ombra spessa di soldi e potenza di un uomo rispettato e famoso in città.

In cambio di una passione travolgente lasciai quella casa ricca che mi aveva, almeno apparentemente, protetta da ogni cattiveria, entravo nei negozi e venivo servita come una vera signora, frequentavo gente costretta a portarmi rispetto solo perché illuminata o offuscata da quell’ombra severa che manteneva me e mia figlia nell’agio di una vita provinciale dove tutti sapevano di tutti.

Scelsi LUI’ e persi mia figlia che decise di restare con colui che gli aveva fatto da padre.

Nel tempo l’amore per LUI’ mi insegnò ad amare anche i suoi figli, uno venne a vivere con noi per anni, l’altra mi diede filo da torcere, mi difesi sempre cercando di riempire di tolleranza, pazienza e sorrisi tutti i buchi che il rifiuto di mia figlia, i sensi di colpa verso di lei, mi avevano fatto nell’anima.

Passarono gli anni, tanti, tornammo a vivere nello stesso posto. Tentai mille volte di parlare con mia figlia, ormai madre, ormai senza di me ripulita dalla mia assenza, inserita in un ceto sociale dove ognuno ha qualcosa da nascondere, ma tutto viene sussurrato dietro un pasticcino, nel salotto buono, negli incontri obbligati delle prime serate a teatro, intorno al tavolo del burraco nel circolo cittadino.

Potevo solo raggiungere il suo quartiere, appostarmi e vederla uscire ed entrare dal cancello di uno stabile lussuoso dove un matrimonio “giusto” l’aveva collocata.

Vedevo i miei nipoti che uscivano per andare a scuola, una era identica a me, se solo mi avesse guardata un attimo poteva accorgersi di quanto fossimo simili nei colori dei capelli, nelle fattezze del viso e del corpo.

Poi non ebbi più la forza di uscire da sola, di fare questi viaggi che avevano una andata esaltante, speranzosa, nel taxi che mi portava in quella via immaginavo scene costruite con tanti francobolli miracolosi, un puzzle che infine erano un abbraccio tra le lacrime e la gioia e il perdono e la riconciliazione.

Non avvenne mai. Le lacrime erano solo le mie, di vergogna, di rabbia, di pentimento di impegno a non tornare mai più.

La mia salute peggiorò, LUI’ perse quasi completamente la vista, le badanti ci rubarono tutto, ci amava moltissimo il nostro cane, i suoi figli che ci accudivano un po’ da lontano, a volte un po’ da vicino.

Una notte LUI’ si spense e io non me ne accorsi, dormivo molto a quel tempo con l’aiuto di molti farmaci, gli stava accanto il cane che lo vegliò tutta la notte e il giorno seguente.

Ero diventata una massa di carne, ossa e dolore, non aprivo quasi mai gli occhi, la figlia di LUI’, quella che aveva subìto l’abbandono in tenera età, mi portò in un posto sereno dove sarei stata curata e accudita, mi veniva a trovare, mi portava i vestiti, i dolci nascondendoli ai medici, mi raccontava quel che succedeva fuori e quando si accorse che il tempo rimasto era proprio poco mi chiese lei quello che io non avevo il coraggio di chiedere.

La cercherò mi disse e mi sorrise.

E la cercò tante volte al telefono, alle chiamate rispose sempre il clic della cornetta messa giù senza fiatare. Andò a bussare alla sua porta e non le aprirono. La fece contattare dai servizi sociali della struttura dove la madre ormai respirava a fatica, cercando in quegli ultimi sorsi di aria la forza per rivederla una volta, lei rispose: mia madre è morta tanti anni fa e chiuse la comunicazione.

Le scrisse una lettera

… Dio mio, se io avessi un cuore, scriverei il mio odio

sul ghiaccio ed aspetterei che si sciogliesse al sole

Dio mio se io avessi un pezzo di vita non lascerei

passare un solo giorno senza dire alla gente che amo…

Adele Colacino

Adele Colacino

Sono le parole, forse le ultime, che Gabriel Garcia Márquez ha regalato al mondo. Non sapendo come iniziare le ho volute utilizzare per comunicare con voi. Ho sofferto moltissimo anch’io perché la Vita non ha preparato per me vie facili e diritte da percorrere, ma ho imparato che il perdono e la tolleranza possono aiutare a vivere e a sopravvivere senza restare toccati per sempre dall’odio e dal rancore.

Una donna è giunta alla fine della sua vita e da sempre aspetta un attimo di pace e di riconciliazione.

E’ rimasta sola e io le sono accanto anche se non abbiamo lo stesso sangue nelle vene, anche se il dolore dell’abbandono ha attraversato la mia esistenza, per le sue scelte.

Non c’è più tempo, regalatele e donatevi la pace del cuore, fatelo per lei, fatelo per voi.

Ma fatelo prima che sia troppo tardi ed inutile per tutti e per tutto –

Non rispose nessuno.

Il nome della figlia usciva dalle sue labbra arrotolato nel rantolo finale mentre la figlia di LUI’ l’accarezzava dicendo sono io, mamma, sono qui.

Mi chiamavo Rosarossa e sto di nuovo accanto a LUI’, le due tombe nel prato sembrano un letto a due piazze.

Abbiamo sempre fiori freschi, chissà se un giorno in qualche modo lei verrà e io potrò ancora spiare il suo viso dalla foto sul marmo.

* E’ il secondo ritratto che Adele dedica alle donne della sua realtà. Storie che hanno fatto la sua storia personale, raccontate con una totale adesione alla verità dei fatti ma con la delicatezza di proteggere con l’anonimato l’identità delle protagoniste. La citazione del testo è ispirata a una poesia del Premio Nobel per la letteratura Gabriela Garcia Márquez, recentemente scomparso. 

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