di Paola Ciccioli
Un metro e ottanta di determinazione, Donatella Martini – io la chiamo “donnager” – è una che non cercate di fermarla o di scoraggiarla, tanto è inutile. La presidente di DonneInquota ha deciso che la pubblicità italiana deve farla finita con il sessismo e mettersi in testa di rispettare le normative europee contro gli stereotipi di genere e non ci dorme la notte. Nel senso letterale del termine.

Silvia Costa
Tornata a far la manager (di qui il mio “donnager”), dopo una pausa dedicata a tempo pieno a far crescere l’associazione, come faccia a essere efficientissima sul lavoro e a prendere, a proprie spese, anche aerei e treni per dire la sua là dove si decide non è dato sapere. Lei scrive, telefona, incalza. E visto che sulla pubblicità infarcita di oscenità contro le donne l’Italia continua a indire tanti convegni e a non prendere alcun serio provvedimento, lei si è alleata con altre associazioni straniere e, superata la barriera delle Alpi, ha puntato dritta in Europa.
Ci conosciamo da quando, ottobre 2009, Donne della realtà ha infranto il complice muro di silenzio dei media sull’invasione di biografie e corpi femminili disposti a tutto pur di arrivare al cosiddetto successo. E da allora uniamo le nostre forze, facendo di tanto in tanto il punto davanti a un’omelette o a un arancino di riso. Così, uno degli ultimi raid che mi ha raccontato riguarda l’incontro chiesto e ottenuto a Bruxelles con i parlamentari della Commissione diritti delle donne.

Sylvie Guillaume
Da una parte lei, cioè DonneInquota, Marie-Nöelle Bas di Les Chiennes de garde e Sarah Mathewson di Object. Sull’altro lato della barricata i rappresentanti del potentato pubblicitario di Easa, cioè Alleanza europea per l’etica in pubblicità, incluso lo Iap, Istituto dell’Autodisciplina pubblicitaria. In mezzo, non si sa ancora con quanta efficacia ma con sicuro interesse, le europarlamentari Silvia Costa per l’Italia, Sylvie Guillame per la Francia e Mary Honeyball per l’Inghilterra.

Mary Honeyball
Cosa chiedono e, soprattutto, fortissimamente vogliono “donnager” e le sue alleate, tra cui anche noi che seguiamo passo passo e ci intrecciamo con l’inesorabile pressing della presidente di DonneInquota? Semplice: che le indicazioni antisessismo dell’Europa non restino belle e illuminate parole. E che quando una pubblicità viene giudicata offensiva in un Paese dell’Unione, il marchio di infamia deve valere anche negli altri Stati membri. Semplice, no?
È già in calendario un altro vertice a Bruxelles e stavolta Donatella e io prenotiamo due posti sullo stesso volo (low cost).
Coraggio, Ragazze della realtà, per cambiare quella che non ci piace, quella che ci offende, in una più dignitosa per tutte e tutti
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Ciao, Angela! Dobbiamo sentirci!
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