di Patrizia L’Astorina*
Fra i borghi più antichi di Napoli: Vergini, Cristallini e Sanità; tra edifici modesti, case popolari e qualche palazzo nobiliare, nascono Rosa e la sua storia.
Non so se il suo destino fosse scritto tutto nella nascita, in quell’utero di Delfo che la espulse ancor prima che fosse matura per affrontare la vita, e in quel padre che non la volle vedere perché non era nata maschio, ma nel corso della sua vita tutto sembrò ripetersi quasi ciclicamente.
Dopo la prima e insolita dimora nel ventre della madre, varie furono le abitazioni cambiate da Rosa e dai suoi genitori. Numerose separazioni. Lutti mai elaborati. Dall’ancestrale e paterno rifiuto, a quelli degli uomini nei quali inciampava cercando la felicità.
Violenze fisiche e psicologiche. Inganni e delusioni. Uomini sempre sbagliati. Sempre. Quasi una voglia inconscia di punirsi nello sceglierli.
Tutto si aggiungeva a tutto, e la sua mente, pian piano, tornava al primo alloggio. Ma questa volta le cose andavano diversamente: si spartiva in due, impossessandosi di tutto il vuoto buio e remoto.
Emergeva la malattia, quella con uno strano nome che mette paura a tutti, che emargina, che la allontana dai figli: la schizofrenia.
E poi anni di sofferenza dovuti ad innumerevoli cure sbagliate, per poi trovare quella giusta.
E finalmente ritornava la luce, la voglia di vivere quella vita che troppe volte le era stata negata.
Riflettere sul significato di “normalità” le infondeva il coraggio di spiegare a tutti che lei era come gli altri: stessi sogni, stessa voglia e stessa forza di vivere.
Un appello che Rosa vuole lanciare con il suo libro: un racconto senza pretese stilistiche e narrative, solo la storia della sua vita. Il racconto di una donna che nonostante le violenze, le delusioni e la malattia, torna a vivere, fermamente convinta che la normalità è dentro ognuno di noi, e che la malattia mentale si può gestire e non deve escludere, non deve far paura.
Ora Rosa è ritornata nel suo quartiere, nella casa dei suoi genitori, è iniziata per lei una nuova vita.
*Patrizia L’Astorina è, tra l’altro, co-fondatrice dell’Osservatorio Nazionale di Vittimologia e redattrice sezione giornalistica, Radio Azzurra Web Campi Flegrei:
http://azzurraweb.blogspot.it/2011/11/azzurra-campi-flegrei.html
c’è tutta la Napoli che accoglie e respinge nella storia di Rosa, recensita con una sensibilità e una profondità che mi sono … “familiari” brava cara sorella mia!!!
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Grazie a voi, sorelle L’Astorina. Ma cosa vi hanno dato da mangiare da piccole? Diffondete gli ingredienti…
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passione e amore per la nostra stupenda stupenda terra Napoli
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grande sensibilità e raccontato in maniera velata, come purtroppo queste storie , che poi sono storie nelle storie , è meglio siano raccontate. Molto bello e commovente. Brava e continua così
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grazie è forse è il mio solo modo di scrivere con il cuore:grazie per i complimenti e gli incoraggiamenti, continua a seguirmi
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Patrizia, non avendo letto il libro, non è facile dare un giudizio approfondito. Tuttavia il tuo scritto invoglia a leggerlo. Dai un’ immagine viva della travagliata vicenda di Rosa, della lotta tra normalità e “non”, un problema mai risolto. Con la vittoria di Rosa e il suo riscatto ci fai comprendere quanto sia ambigua la parola “Normalità”. Pino
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grazie caro, sai in molti mi hanno detto che viene voglia di leggere il libro leggendo il mio scritto, presto organizzeremo un incontro con la scrittrice sarai fra i graditi ospiti baci
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Toccante e drammatica nella sua cruda realtà, la storia di questa donna non lascia spazio a quelle fantasie che spesso alienano la mente per darle respiro. Ma forse nella schizofrenia stessa Rosa aveva scoperto tutto questo. Schifofrenia, mente divisa, probabilmente tra una realtà inaccettabile e un mondo a latere, dove tutto tornava come lei desiderava che fosse, dove il ritorno a quella prima casa la faceva sentire sicura. Nessuno è in grado di comprendere il vissuto di un altro essere umano. Quando lo si fa ci si muove su luoghi comuni e su quel concetto di “normalità” che varia da mente a mente ed alla fine altro non è che la riduzione ad un rapporto statistico. Nella sua “normalità anormale” Rosa è stata se stessa, senza se e senza ma. Solo se stessa, autentica e vera nelle sue soffenenze di donna.
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mi viene subito in mente Alda Merini. ma il confine tra la normalità e l’anormalità da chi è stato definito?
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