«Cécile è la speranza delle seconde generazioni»

di Cheick Tidiane Gaye*

Ho avuto modo nel mio ultimo libro, Prendi quello che vuoi, ma lasciami la mia pelle nera (edizione Jaca Book 2013, con prefazione di Giuliano Pisapia) di evidenziare che «L’uomo abita dove vive e non dove nasce». Non è una frase buttata lì così per fare retorica, come fanno i politici di oggi, ma un concetto molto sostanziale in una realtà di globalità planetaria che sta attraversando l’umanità. Non accetto che la stampa chiami Cécile la “donna di colore”. Lei è la nera italiana, orgogliosissima di essere italiana e fiera delle sue radici congolesi.

La nomina di Cécile Kyenge arriva in un momento storico: l’Italia è ferma economicamente, la disoccupazione continua a crescere, la politica perde credibilità, il nostro Paese è in carenza di politici onesti e “puliti” in grado di rappresentare il popolo e pensare alle esigenze della collettività. A questo si aggiunge l’irresponsabilità dei parlamentari eletti nel dimostrare nei confronti degli elettori la fiducia ottenuta. In questo panorama è nato il governo più discusso della storia della Repubblica italiana: il Pd, il Pdl e Scelta Civica celebrano il matrimonio dopo il richiamo del presidente della Repubblica Napolitano. Il governo nasce quindi per testimoniare l’intenzione di voler risolvere i problemi del Paese. Il governo di larghe intese suscita inoltre la più grande sorpresa: per la prima volta una ministra di origine africana viene nominata e deve occuparsi dell’Integrazione. Dalle fumate nere per scegliere il Premier nasce la Nera.

Tale nomina non è ben vista dai dirigenti leghisti e dalla Destra fascista. Chi se ne frega? Le critiche infanganti avanzate nei confronti del medico modenese di origine congolese non hanno fondamenta solide. Una laurea alla Sapienza di Roma, e non comprata in Albania, una persona incorruttibile senza precedenti, una leader che ha lavorato per ben più di quindici anni nel campo dell’immigrazione e nel sociale senza mai una volta dimostrare di essere alla ricerca del potere. Dalla fumata nera esce la nera italiana, la Cécile Kyenge, la speranza dell’Italia che si alza e che cambia. La sua nomina entrerà nella storia e darà una grande lezione e fiducia alla seconda generazione per pensare al suo ruolo determinante per l’Italia multiculturale, l’Italia del futuro.

Oggi non si può non ricordare la responsabilità dei precedenti governi di centrodestra, quando Strasburgo ci condannò per i vergognosi respingimenti dei profughi verso la Libia volutamente architettati ad arte dal leghista Roberto Maroni. E soprattutto per le dichiarazioni disumane e di cattivo gusto che pronunciano senza vergogna leader della Lega e alcuni esponenti del centrodestra nei confronti degli immigrati. Non si può non ricordare la confessione dello stesso Roberto Maroni alla grande università di Verona nel 2012, quando affermò che sul razzismo e sulla xenofobia la Lega ci ha marciato per raccogliere consensi. Ebbene, è ora di alzare lo sguardo e di cercare di non prendere più per i fondelli gli italiani. Il miglior modo di fare politica non è usare la pelle nera di Cécile per creare polemiche e istigare all’odio, ma valutare questa donna in base al contenuto delle sue proposte e al suo modo di interagire per risolvere i problemi dell’integrazione. Ahimé, i politici senza idee e senza etica, nell’intento di dividere gli italiani, si prestano alle bassezze più ridicole che potrebbero avere come conseguenza l’odio nei confronti degli immigrati.

Non voglio una seconda Rosarno! Basta con la caccia ai neri! Questo tipo di azioni è da evitare per non far sprofondare il Paese nel baratro. Penso che il consenso si guadagni con l’importanza delle idee politiche e non con le confusioni create ad arte per dividere il popolo. La nomina di Cécile segna il fallimento della Destra fascista e della Lega, apre le porte a una convivenza civile nel rispetto reciproco delle leggi e degli usi e costumi, chiude il pessimismo che ha bloccato per anni le grandi riforme della Legge sulla Cittadinanza e infine allerta l’opinione pubblica. La nomina appare ad alcuni come una strategia elettoralista, ma credo fermamente sia piuttosto il vento rivoluzionario del cambiamento che soffia. Capisco l’ira della Lega. È difficile provare affetto nei confronti degli immigrati, ma è ora di far capire al suo elettorato che l’Italia è il Paese che unisce e non che divide; l’Italia è prima di tutto la grande Nazione e non il piccolo paese senza passato e senza voce in Europa. Gli immigrati non possono sempre essere considerati cittadini di serie B. L’Italia deve prendere cura dei suoi figli, i suoi veri figli e Cécile ne è una ed è fiera di esserlo. L’immigrazione non si risolve con toni catastrofistici. E se Cécile fosse musulmana? Cosa direbbe la Lega? Ecco la terrorista, l’amica di Bin Laden? La nera italiana dall’«aria casalinga» che «deve fare la lavapiatti» porta con sé un curriculum brillante, un passato folgorante e rappresenta l’Italia giusta.

Non è questo il momento di riempire le pagine della stampa con battibecchi sulla splendida Cécile, ma trovare la strada per sollevare il Paese dalla crisi. Ora dobbiamo camminare insieme per tracciare la strada civile della buona convivenza e per costruire, come ci ha insegnato Martin Luther King: «Quando gli uomini malvagi congiurano, gli uomini buoni devono pianificare. Quando gli uomini malvagi bruciano e bombardano, gli uomini buoni devono costruire e tenere assieme. Quando gli uomini malvagi usano ignobili parole d’odio, gli uomini buoni devono pronunciarsi in modo esplicito per la gloria dell’amore. Quando gli uomini malvagi cercano di perpetuare l’ingiusto status quo, gli uomini buoni devono cercare di realizzare un vero ordine di giustizia». Cécile è la buona e non la cattiva!

*Cheick Tidiane Gaye è poeta e scrittore. Nato in Senegal, abita ad Arcore. È sposato con una italiana e da poco nella sua famiglia è arrivata la terza figlioletta. Qui a fianco la copertina del suo ultimo libro.

Cheick Tidiane Gaye

AGGIORNATO IL 17  NOVEMBRE 2015

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