
Ilaria Ferramosca
di Daniela Natale
Ilaria Ferramosca, scrittrice e sceneggiatrice pugliese, ha vinto molti concorsi nazionali e internazionali. È coordinatrice editoriale per Edizioni Volier e insegna sceneggiatura presso le scuole di fumetto pugliesi Lupiae Comix (Lecce) e Grafite (Taranto e Bari).
La narrativa e la sceneggiatura sono il tuo pane quotidiano: quando hai capito che scrivere sarebbe diventato il tuo mestiere?
«Credo di non poter considerare la scrittura un mestiere. Nel senso che per me è passione ed è così che continuo a viverla; non so neppure, in realtà, se possa ritenerla in senso stretto un “mestiere”. Benché sia l’attività preponderante che svolgo da qualche tempo in qua, infatti, e occupi la maggior parte della mia giornata, credo siano davvero pochi, in Italia, coloro che riescono a vivere di sola scrittura e a farne un mestiere nel vero senso del termine. Se invece intendi dire “Quando hai deciso di cominciare a scrivere?” questo è avvenuto circa sette anni fa, nel momento in cui, sempre per pura passione e divertimento, partecipai ad alcuni concorsi di scrittura vincendoli. Da allora ho continuato, seguendo imperterrita il mio desiderio di raccontare determinate cose e storie».
La scorsa settimana mi è capitato di scambiare quattro chiacchiere con una sedicenne, che credeva che lo sceneggiatore fosse colui che si occupa d’allestire la scena per uno spettacolo teatrale: di cosa si occupa invece uno sceneggiatore? Che tipo di prospettive lavorative descriveresti a chi si vuole avvicinare alla tua professione?
«È abbastanza comune che i termini “sceneggiatore” e “scenografo” vengano confusi, benché l’essenza delle due attività sia ben diversa. Come spiegavi già nella tua domanda, chi allestisce le scene di uno spettacolo (o anche di un film) è uno scenografo. Nel fumetto, invece, “l’allestimento” delle scene spetta al disegnatore, mentre il lavoro dello sceneggiatore è molto più simile a quello di un regista: oltre a stabilire i contenuti e lo svolgimento di una storia, infatti, lo sceneggiatore di fumetti spesso decide anche le sequenze, le inquadrature, i campi e definisce gli aspetti caratteriali (e in molti casi anche fisici) dei personaggi. Il disegnatore, poi, li caratterizza graficamente e li fa recitare nel contesto prescelto. Lo sceneggiatore si occupa inoltre dei dialoghi, cioè la parte scritta nei ballon (le cosiddette nuvolette, per intenderci). Mi chiedi, inoltre, che tipo di possibilità lavorative offra la scrittura: personalmente ritengo che le prospettive, in questo settore, siano il risultato di un mix di talento, determinazione e umiltà. Ci devono essere la voglia e la capacità costanti di mettersi in discussione, seguire i consigli di chi è più esperto per modificare ciò che non va e migliorare, avere molta pazienza e tenacia. Come dicevo prima, inoltre, gli scrittori sono tanti, in Italia, ma pochi quelli che ne traggono remunerazione facendo della scrittura un vero e proprio “mestiere”. Bisogna fare i conti con il nostro mercato editoriale, che non è affatto semplice e spesso punta su scelte esclusivamente commerciali di facile presa, o su nomi già noti».
Di recente hai curato la sceneggiatura del graphic novel Nostra madre Renata Fonte: come descriveresti l’incontro con le figlie di Renata, Sabrina e Viviana?
«Meraviglioso, commovente, straziante, arricchente. Sono due donne straordinarie, che continuano a confrontarsi ogni giorno con la lacerante ferita che portano nel cuore e lo fanno con enorme forza. Oggi sono entrambe madri e da Renata hanno preso molto: la creatività, la passione per l’insegnamento, per l’arte, e soprattutto un senso costante di responsabilità civile. Entrambe continuano a portare avanti, grazie alla propria testimonianza e alla partecipazione a Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie il pensiero e i valori di Renata. Possiamo dire che ne sono divenute un ideale prolungamento, perché hanno scelto di vivere quella vita che a lei è stata negata e con lo stesso impegno».
Qual è la tua opinione sul caso Fonte?
«Credo che sia un caso ancora irrisolto. Dietro Porto Selvaggio c’erano e ci sono ancora oggi interessi di molte persone: politici e imprenditori in primo luogo, che avrebbero potuto arricchirsi a scapito di un patrimonio naturalistico e archeologico appartenente a tutti noi. Persone per le quali l’opposizione di Renata Fonte alla deroga del piano regolatore di Nardò, che consentiva proprio di costruire in quella zona, fu un grave ostacolo. Non ci fu, quindi, un unico mandante dietro al suo omicidio; non solo quello che assoldò intermediari ed esecutori materiali, perlomeno. C’è qualcuno ancora nascosto nell’ombra, che resta libero da pena a causa di testimonianze mai rese da chi, pur sapendo, ha preferito non parlare. Finché non sarà resa realmente giustizia a Renata Fonte non potrà esserci un riscatto totale da parte di un territorio, come quello salentino, che alla sua morte deve ancora molto; e finché non si arriverà ad ammettere che quei comportamenti e quelle connivenze tra politica, imprenditoria e malavita locale erano e sono tuttora mafia, quest’ultima continuerà a proliferare nel nostro territorio e a crescere, dando quei frutti marci che oggi alimentano il nostro sistema amministrativo, locale e non».
Renata viene da sempre ricordata come una donna determinata e coraggiosa, che ha messo gli interessi della sua terra prima della sua stessa vita. Rivedi in una politica attuale le sue stesse caratteristiche?
«Renata è stata un’amministratrice pubblica che ha semplicemente compiuto il suo regolare dovere, assolvendo ciò che un simile ruolo prevede di norma: anteporre gli interessi della comunità a quelli privati; non alla propria vita, in realtà. Credo ci siano altre donne così in politica, ma forse mi è più facile individuare queste caratteristiche nel piccolo, in ruoli istituzionali locali che non in quelli nazionali. Nella nostra regione e nei nostri paesi, fortunatamente, ci sono donne sindaci e assessori che ancora considerano la politica una vera e propria arte, quella di “amministrare la cosa pubblica”. E finché ci saranno questi esempi e modelli a cui appigliarsi, ritengo sia fondamentale evidenziarli e trasmetterli alle generazioni future, affinché non si disamorino della politica e non la vedano come “una cosa sporca”, così come oggi può apparire. Tra le donne presenti in Nostra madre Renata Fonte ho già portato come esempio le due figlie, Sabrina e Viviana, ma un’altra co-protagonista della vicenda è Claudia Raho, amica di Renata e da sempre impegnata al suo fianco nelle lotte civili, politiche, ambientali. Claudia è per me un buon esempio di donna politica attuale, con quelle stesse caratteristiche e principi».
Cosa pensi delle donne del Salento? Come descriveresti la realtà femminile che ti circonda?
«Le donne del Salento sono forti e passionali… come tutte le donne, del resto. Credo che l’impegno e la voglia di produrre cambiamento positivo, con determinazione, siano tratti caratteriali comuni a molte donne italiane, a prescindere dalla regione di provenienza. Certamente nella nostra terra abbiamo diverse “belle menti” femminili, attive in numerosi campi: registe, documentariste, scrittrici, poetesse, giornaliste… e non solo. La realtà femminile che mi circonda, quindi, mi sembra ricca e fortemente attiva, dal campo culturale a tutti gli altri».
Hai scritto molto e, spesso, hai vinto concorsi e premi nazionali e internazionali. Ma qual è la tua opera a cui sei più legata e perché?
«È sempre l’ultima, poiché è un po’ come un neonato da curare e far crescere. Al momento è così, anche perché ritengo sia troppo presto per poter redigere un vero e proprio bilancio e poter scegliere».
Hai scritto la sceneggiatura anche per Un caso di stalking: questo fumetto che significato che ha avuto per te?
«Un caso di stalking è stato un fumetto in parte autobiografico, perché parlava dei timori di uno scrittore e di alcune molestie da lui subite, legate soprattutto al contesto lavorativo. Per me e Gian Marco De Francisco, disegnatore di questa storia come di Nostra madre Renata Fonte, è stato il modo per sondare un aspetto di questo reato che può colpire tutti. La sua aberrazione porta spesso all’omicidio e purtroppo, nella maggior parte dei casi, ha come vittime delle donne. Nella storia da me narrata, però, vediamo un uomo alle prese con le proprie debolezze e fragilità, per niente in grado di gestire il tormento di un successo desiderato ma sfuggente; un’ideale di “fama” che lui finisce per trasferire su un’ammiratrice sin troppo ossessiva e molesta, che lo porta al tracollo del suo equilibrio e della sua intera vita».
Quali sono i tuoi progetti futuri?
«Sono vari e per scaramanzia non li elencherò tutti. Dirò quello attualmente in cantiere, anche se non so ancora con precisione quando “vedrà la luce”; mi auguro l’anno prossimo. Si tratta ancora una volta di un fumetto, una storia destinata ad adolescenti ma in realtà adatta anche a un pubblico adulto. Le atmosfere saranno misteriose e horror, un po’ in stile Stephen King, ma all’interno della narrazione, che si sviluppa su tre diversi livelli temporali, è inserito anche un fatto di cronaca che avvenne nel mio paese verso la metà degli anni ’60. A disegnarlo, stavolta, sarà Giancarlo Caracuzzo, un fumettista italiano di fama internazionale, che ha lavorato per case editrici di fumetto come Bonelli, Marvel, Star Comics e numerose altre».
La domanda che avresti voluto che ti facessi?
«Vorrei coinvolgere maggiormente il mio collega d’avventure disegnate, Gian Marco De Francisco, per cui la domanda potrebbe essere: “come si è svolta la collaborazione tra voi nella realizzazione del fumetto Nostra madre Renata Fonte”? Ci sono cose che abbiamo realizzato congiuntamente e altre in separata sede, ma sempre chiedendoci reciproco consiglio. Per esempio abbiamo conosciuto Viviana e Sabrina insieme, ma gli incontri in cui ambedue hanno raccontato i propri ricordi sono avvenuti solo con me e lo stesso è accaduto con Claudia. Entrambi, inoltre, abbiamo percorso Porto Selvaggio con Sabrina e poi siamo tornati con la sceneggiatura in mano per scattare foto utili a vignette e inquadrature particolari. La sceneggiatura e i dialoghi li ho scritti in autonomia ma il lavoro finale è stato riletto con accuratezza da Gian Marco, che mi ha fornito la sua opinione in merito e alcuni suggerimenti; esattamente come ne ho dati io a lui nella realizzazione della parte grafica, sulla quale ci siamo più volte confrontati. Il bello di un mezzo narrativo a quattro mani, come il fumetto, è anche questo. E ora vorrei concludere ringraziando Daniela Natale e lo staff del blog Donne della realtà per lo spazio che hanno voluto dedicare alla nostra storia: ancora grazie e un buon lavoro a tutti voi».