«Macerata, 1991. Cara amica lontana, siamo dominati dai corrotti ma i giornalisti scelgono carriera veloce e tranquillità»

Paola con l’amica Gigliola e la sua figlioletta nel Nord-Est del Brasile nel 1990

Paola con l’amica Gigliola e la sua figlioletta nel Nord-Est del Brasile nel 1990

di Paola Ciccioli*

Macerata, 20 novembre 1991

Cara Gigliola,

forse ti arrabbierai vedendo una mia lettera scritta a macchina. Ma, forse, il mezzo non conta. E l’ultimo disco di Paolo Conte si intitola proprio “Parole d’amore scritte a macchina”. Mi è più facile, soprattutto in questo pomeriggio di riposo e di pioggia. Oggi che posso rimanere tappata in casa, in pigiama alle cinque del pomeriggio, ad assaporare il piacere di sedere alla mia scrivania, di battere sui tasti di questa Olivetti “Lettera 35” che ha accompagnato Sandro e me nell’ormai sputtanatissimo esame di idoneità professionale.

Non so se là dove adesso risplende in sole è arrivata la notizia dei giornalisti “raccomandati” al concorso che tanto, a noi giornalisti di provincia, ci ha fatto trepidare. È solo uno degli scandali, certo il meno grave, che di questi tempi stanno portando il nostro Paese in un pantano di incertezze e di malcostume. Davvero la situazione è gravissima ed è di queste ore lo scontro istituzionale tra il presidente della Repubblica e il Consiglio superiore della magistratura. Gli osservatori (di sinistra?) temono una sorta di colpo di Stato strisciante e devo confessarti che io la penso come loro.

Ho avuto la fortuna, la scorsa settimana, di ascoltare e incontrare Giampaolo Pansa, l’ex condirettore di Repubblica che ora è all’Espresso e che è stato uno dei pochi, se non il solo grande giornalista italiano, a condannare l’intervento del nostro Paese nella Guerra del Golfo. Pansa ha scritto un libro, Il regime, che parla proprio della fine della nostra Repubblica, ormai irrimediabilmente in mano ai partiti e ai loro intrighi.

Oggi, una mia lettera non può che raccontarti questo, non può che descrivere a un’amica lontana il disagio e il timore di fronte a ciò che sta accadendo. Sono il disagio e il timore di una trentenne che per la prima volta nella sua vita percepisce come imminente una svolta reazionaria nel suo Paese, non sente più come acquisiti né i diritti né il futuro.

So che, pur nell’analisi stringata ma catastrofica, ti farà piacere conoscere il mio punto di vista, apprendere che cosa penso delle cose che vedo e che vivo e di cui tu, sia pure indirettamente, credo sia al corrente. Siamo in mano agli incapaci, ai corrotti, alla criminalità organizzata che domina palesemente un terzo dell’Italia e in modo occulto la restante parte.

Io, nel mio piccolissimo, faccio quello che posso. Ad Ancona e nelle Marche sono scoppiati casi giudiziari di enorme portata. Per aver scritto di uno di questi mi sono beccata una citazione per danni di 30 miliardi. Sì, 30 miliardi. È stata questa una delle ragioni del mio lungo silenzio che, come al solito, non è stato un silenzio di pensieri. E anche in questa lettera, contrariamente a quanto pensassi prima di mettermi alla macchina per scrivere, trovo estremamente difficile raccontarti che cosa ho vissuto in questi mesi, quanto siano stati faticosi e duri. (…) Vivo il mio lavoro mettendoci dentro ogni giorno il massimo della serietà e della correttezza. Ma impegno, serietà, correttezza e indignazione non bastano per rendermi immune da minacce (i 30 miliardi) e vendette. Mi sento sola perché gli altri, praticamente tutti i miei colleghi, in provincia come al “centro”, sembrano scegliere le strade facili e più gratificanti della carriera veloce e della tranquillità.

Mi ha colpito Pansa l’altra sera quando ha detto che l’unica via di salvezza è quella dell’indignazione, quella di alzare la testa e la voce prima che il nostro Paese si trasformi in un’Argentina all’europea. Ho guardato Sandro negli occhi per dirgli, a lui che di tanto in tanto mi rimprovera di essere troppo maniacale nel lavoro: «Vedi, anche lui la pensa come me». Non è una consolazione da poco sentirsi dire che quello che si fa forse non è inutile.

Che non è vero che l’impegno e gli ideali sono roba sorpassata, retaggi ideologici di ex giovani illusi puniti dalla storia. Sì, capisco perfettamente quando mi parli di bisogno di creatività, di bisogno di fuga dalla ripetitività. Ma provo un po’ di invidia per tutto quello che tu hai, per quella pace e quell’armonia che pure ti vengono dal vivere lì, dal vivere con Ayres.

Avrei bisogno di raccontarti anche cos’è successo dentro di me. Ma, visto l’argomento con cui questa lettera ha avuto la sfrontatezza di iniziare, rimando tutto a un altro momento. Nella speranza e nel sogno di rivedervi presto, di portare Sandro con me nella prossima avventura brasiliana. (…)

Con amore, Paola

*Ho ritrovato questa lettera (mai spedita) stamattina, tra le pagine di una vecchia agenda. In quel periodo vivevo ancora nelle Marche e, per il “Corriere Adriatico”, mi ero occupata degli scandali nella costruzione di importanti opere pubbliche della regione.

3 thoughts on “«Macerata, 1991. Cara amica lontana, siamo dominati dai corrotti ma i giornalisti scelgono carriera veloce e tranquillità»

  1. Questa lettera dimostra due cose: la prima è che il nostro paese si dibatte da più di 20, anni nella corruzione e negli scandali che scorrono sotto la superficie come un fiume sotterraneo o meglio forse come le condotte di una fogna, che ogni tanto esonda e porta a galla qualcosa di marcio; la seconda è che tu, Paola, sei sempre la stessa coerente e indomita e il tuo impegno e la tua indignazione vengono da molto lontano..

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  2. E’ vero, ricordo l’immagine che avevamo in passato di Giampaolo Pansa : molti anni fa andai con la mia amica Cristiana, che oggi non c’è più, alla presentazione di un suo libro e lei fece la fila per farsi firmare la sua copia da un giornalista che stimava profondamente e che lusingandola le disse di averla notata tra il pubblico: mi chiedo se oggi saremmo andate a quella presentazione e soprattutto se Cristiana avrebbe voluto la sua dedica….I tempi cambiano, molte persone cambiano!

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