In questi giorni in cui a Montecatini un centinaio di ragazze si contendevano il titolo di miss Italia, facevo parte di una commissione che, in una scuola pubblica, prima dell’inizio dell’anno effettua gli esami di idoneità e integrazione. Per chi non fa parte del mondo della scuola spiego brevemente di cosa si tratta: è una sessione di esami in cui si presentano persone che hanno interrotto gli studi e chiedono l’idoneità a frequentare una determinata classe magari recuperando degli anni, oppure attraverso delle integrazioni di materie non presenti nel curriculum del corso frequentato anni prima nella scuola, chiedono di cambiare indirizzo per poi presentarsi all’Esame di Stato da privatisti. In questi esami si presentano uomini e donne, ma la stragrande maggioranza delle persone che riprendono gli studi in età adulta sono donne.
Perché in apertura ho fatto un parallelo? Perché da una parte ci sono delle ragazze che affidano alla sola bellezza la possibilità di aggiudicarsi una speranza di carriera seguendo modelli che i media italiani contribuiscono a costruire, dall’altra ci sono donne vere, coraggiose, impegnate che in mezzo a mille difficoltà hanno ripreso i libri in mano sperando che un diploma possa cambiare la loro vita.
Alcune di queste donne sono poco più grandi di quelle che frequentano la scuola, magari hanno interrotto gli studi dopo una bocciatura o dopo una gravidanza e si sono scontrate con i problemi del mondo del lavoro dove è difficile essere assunti anche con un diploma o una laurea ma dove non ci sono chance per chi non ha alcun titolo di studio. Anche se sono poco più che adolescenti hanno già scoperto quanto è duro il mondo fuori dalla protezione delle mura della scuola e sono maturate in fretta; la palestra della vita ha insegnato loro, in un tempo molto più rapido di quello che serve nella faticosa routine della scuola per acquisire questo valore, che “conoscere” può fare la differenza, che saper esprimere le proprie opinioni con forza e coerenza è importante.
Altre sono madri di famiglia che lavorano da anni ma, in un mondo sempre più caratterizzato da una concorrenza feroce, hanno bisogno di un titolo di studio per mantenere il loro lavoro o avere una possibilità di un avanzamento di carriera. Per cui la sera, magari dopo cena, dopo una giornata faticosa in mezzo ai problemi dei figli, della spesa, della vita familiare, talvolta scontrandosi con un marito che le vuole più presenti in casa, prendono in mano un libro da sole o con una collega e studiano coltivando le loro speranze di miglioramento.
Alcune hanno alle spalle una separazione o un divorzio e si trovano costrette a riciclarsi da adulte per non finire in povertà e riprendere gli studi, magari interrotti quando si prospettava una serena vita familiare con un marito che provvedeva alle necessità familiari, appare una via percorribile per tentare di uscire da una spirale negativa.
Altre ancora sono donne che hanno interrotto gli studi non per loro scelta, ma per rispondere a necessità familiari e ora, da adulte, lanciano una sfida a se stesse e attraverso un diploma inseguono la realizzazione di un sogno, cercano una soddisfazione personale.
Quando ognuna di loro si siede davanti a me per sostenere il colloquio chiedo sempre che cosa le ha spinte a riprendere gli studi e poco per volta si compone un quadro fatto di storie di donne diverse tra loro ma che hanno in comune il fatto di aver scommesso sulla cultura, di aver individuato nello studio uno strumento per combattere la povertà, un mezzo attraverso il quale cercare l’indipendenza e il riconoscimento sociale.
Non tutte portano a termine questo percorso con successo, alcune nonostante gli sforzi non hanno gli strumenti necessari e nonostante l’aiuto e l’incoraggiamento che noi insegnanti diamo loro non ce la fanno, ma altre tirano fuori tutte le loro risorse e a volte è sorprendente vedere la qualità del lavoro fatto da adulti quando lo studio si accompagna alla forte motivazione, alla maturità, alla capacità di ragionamento, al buon senso, all’intuito…
Queste righe raccontano solo una mia esperienza di donna che attraverso il suo lavoro entra in contatto con altre donne ma penso che questa mia testimonianza rappresenti un contributo per rispondere alla domanda che apre il blog “Dove sono le donne che lavorano, che studiano, che coltivano i sogni con la fatica, che cercano di non piegarsi alla precarietà…”, purtroppo spesso le storie di queste donne sono nascoste o non sono valorizzate, ma per fortuna ci sono.
* Maria Elena Sini insegna Economia aziendale all’Istituto tecnico “Salvator Ruju” di Sassari
anche io lavoro con gli adulti, ricomincio oggi, le giovani donne straniere che vengono ai corsi di italiano somigliano a quelle che incontri tu, in piu’ hanno alle spalle le storie dell’emigrazione, alcune veramente tragiche. Si ci sono, sono tra noi, tra noi ed il fatuo parlare … parlare … parlare … di tanti e tante
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Per fortuna in mezzo a tante fatuità ci sono queste storie esemplari
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Ci racconti una (o più) di queste storie?
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ci proverò…..
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Che bella storia. Leggo la sua lettera tramite Facebook, e mi sento particolarmente toccata in quanto il mio fidanzato, dopo 3 anni di “abbandono”, ha deciso di riprendere a studiare e quest’anno, se tutto andrà per il meglio, si diplomerà, facendo un grande regalo a me (che tengo molto allo studio e alla preparazione culturale e non), ma soprattutto a se stesso. Purtroppo è vero, il modo diventa sempre più selettivo, ma riprendo un pensiero di una mia cara insegnante che da poco mi ha detto “Ragazzi, non scoraggiatevi: nei momenti di crisi come questo, ciò che dovete fare voi giovani è prepararvi al meglio, in modo tale che, non appena questi momenti passeranno, voi sarete pronti e avrete qualcosa di concreto da offrire al vostro paese.” Ed è ciò che noi stiamo cercando di fare… e parlo al plurale perché, anche se in ritardo, per fortuna ci sono persone che tornano sui propri passi e cercano di rialzare la china. Queste sono le persone da ammirare e da premiare, e non gli stereotipi ridicoli che ci offrono i mass media. Grazie per le belle parole di questo post.
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Mi fa piacere che lei e il suo fidanzato vi siate rispecchiati nella storia che ho raccontato. Si tratta di un percorso comune a tante persone che continuano a stringere i denti e a “scommettere” su valori che sembrano oscurati dagli stereotipi dilaganti ma che, per fortuna, sono più diffusi di quanto si creda. Sono importanti queste testimonianze per dimostrare che il nostro paese è migliore di come , nei momenti di sconforto, ci appare, ci sono tante persone che, come dice la sua insegnante, si preparano per oggi e per domani
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Che brava insegnante. E che bravi, lei e il suo fidanzato. Grazie a voi.
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