Tumori, la sfida delle donne per la ricerca

Le testimonianze collettive, uno stimolo a trovare nuove cure. Come neglu Usa. Nasce l’Alleanza contro il cancro ovarico. Il 3 dicembre primo appuntamento. Ogni anno quattromila nuovi casi

MILANO – Una sfida al cancro a viso scoperto. Il 3 dicembre Flavia Villevieille Bideri, 48 anni, produttrice di film come «Amori in corso» di Giuseppe Bertolucci, farà outing sulla malattia che l’ha colpita 4 anni fa davanti a ricercatori e medici, per tirarli fuori dai laboratori e far loro capire le esigenze quotidiane di chi è malato. Non sarà l’unica: la accompagneranno le donne che hanno appena fondato con lei l’Alleanza contro il tumore ovarico (Acto). Nessuna rassegnazione davanti alle scoperte della medicina che stentano ad arrivare. I ricercatori dai quali dipende il loro destino, Flavia Villevieille Bideri & C. preferiscono guardarli negli occhi, i medici che le hanno in cura vogliono averli come compagni di viaggio. È il segno dell’arrivo in Italia di un fenomeno finora diffuso soprattutto negli Stati Uniti: il patient day, ossia le testimonianze di massa dei malati per fare sentire ai medici la propria voce. «È una battaglia che ho deciso di affrontare per le quattromila donne che ogni anno vengono colpite dal cancro all’ovaio, una malattia troppo poco conosciuta – spiega Flavia Bideri -. Unire le forze è importante perché nella quasi totalità dei casi viene diagnosticato quando ha già raggiunto uno stadio avanzato, il che contribuisce a farne il tumore ginecologico con il più basso tasso di sopravvivenza».

Quella di venerdì 3 dicembre all’Istituto Mario Negri di Milano sarà la prima uscita pubblica dell’Acto. Insieme con le pazienti ancora in cura o appena guarite ci saranno ricercatori come Maurizio D’Incalci, alla guida dell’Oncologia del Mario Negri, e medici come Nicoletta Colombo, primario di Ginecologia oncologica all’Istituto europeo di oncologia (Ieo), uno dei centri più avanzati in Italia per la cura del carcinoma ovarico. Ammette con franchezza D’Incalci: «Flavia Bideri e altre pazienti sono venute a trovarmi lo scorso maggio: e io ho sono incappato in una gaffe. Quando mi hanno chiesto a bruciapelo “Qual è per voi la cosa più importante per sconfiggere il tumore ovarico?”, io ho risposto: “Diagnosticarlo prima”. Ma loro mi hanno gelato: “E chi già ce l’ha?”». Da quell’incontro è nata un’alleanza che s’è tradotta in un progetto di ricerca per migliorare l’efficacia delle cure farmacologiche. «Dobbiamo assicurare alle pazienti non solo, quando esiste, la possibilità di guarigione, ma anche la qualità di vita – insiste Colombo -. È sempre più importante, quindi, curare la persona e non solo la malattia». È questa, forse, la vera sfida lanciata alla medicina da Flavia Bideri e dalle altre compagne d’avventura. Donne decise a non arrendersi.
di Simona Ravizza

dal Corriere della Sera – 18 novembre 2010

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