La notizia che Gianna Nannini è incinta a 54 anni ha scatenato una ridda di commenti, molti dei quali scandalizzati perché la cantante, oltre tutto, è pure single. La giornalista di Repubblica Caterina Pasolini ha intervistato l’8 settembre una quindicenne, figlia (grazie all’ovodonazione) di una madre di 73 anni. Con questo articolo, rilanciamo anche i due commenti pubblicati dallo stesso quotidiano: il primo è del ginecologo Severino Antinori, il secondo è della psicologa Silvia Vegetti Finzi.
La mia vita con una mamma-nonna
Io, adolescente felice con una madre settantenne. Claudia, 15 anni, racconta la sua vita con una “madre-nonna”. A 56 anni, già in menopausa, grazie all’ovodonazione si riaccende la speranza di concepire un bambino. “La differenza d’età non ha importanza. Conta l’amore”
di Caterina Pasolini
“Io ho 15 anni, mia madre 73. Detto così sembra una follia ma dovreste vederla e viverle accanto tutti i giorni. A quel punto chiamarla mamma nonna vi suonerebbe ridicolo nonostante le rughe che non nasconde. Perché quella pigra e stanca in casa sono io, lei tiene in riga tutta la famiglia. Altro che nonna, noi la chiamiamo il carabiniere tanto ci fa filare e scomandazza tutti”.
Claudia, un’adolescente dal sorriso aperto, gambe chilometriche e occhi chiari, ha i modi diretti di chi non ha paura della verità e sembra infischiarsene dei pregiudizi. Nel villino a due piani alle porte di Napoli, costruito dal padre con i risparmi di una vita da autotrasportatore, racconta la sua storia di straordinaria quotidianità. Nata da una tragedia familiare e dall’amore. Figlia della scienza e della forza di volontà di Maria, un metro e mezzo di grinta in sette decenni di volontà passati a faticare sempre, “perché a noi che abbiamo vissuto la guerra non ci ferma niente anche se non conosciamo i paroloni: io ho fatto solo la quinta elementare perché a dieci anni lavoravo come sarta per aiutare i miei fratelli, ma pur di stringere di nuovo tra le braccia un bambino dopo aver perso mio figlio, avrei fatto di tutto”. Dopo settimane di polemiche nate sull’onda della gravidanza a 54 anni della rocker Gianna Nannini, interventi dotti e opinionisti lasciano il posto all’esperienza, alle parole di chi una mamma-nonna ce l’ha davanti e di chi una figlia – nipote se la cresce tutti i giorni. “Senza voler insegnare niente a nessuno, perché ognuno fa come crede, come giudica e come può. Io non avrei potuto fare diversamente, l’ho voluta a tutti costi dopo che era morto nostro figlio Claudio a 19 anni per un incidente”. Accanto ha il marito Antonio, coetaneo che assomiglia ad Antony Quinn e che la guarda con affetto mentre ricorda quegli anni bui, quando voleva solo morire perché vivere senza il suo ragazzo non aveva senso per lei e sperare in un nuovo bebè era pura fantascienza.
Tutto per Maria cambia quando ormai di anni ne ha 56 e di speranze nemmeno una. Un’amica legge sul giornale la notizia che le cambia la vita: c’è infatti scritto che si può diventare madri anche in menopausa grazie alla ovodonazione. È il 1994, non c’è legge sulla fecondazione assistita, l’inseminazione eterologa in Italia è permessa mentre oggi migliaia di giovani coppie malate o sterili vanno all’estero per avere un figlio, un bambino sano.
“Non ho capito esattamente come sarebbe successo, me lo hanno spiegato i professori ma non mi interessava la tecnica, io sapevo solo che volevo un figlio e per averlo ero pronta a tutto. Ho fatto gli esami, ero sana come un pesce e quindi adatta. Ho preso ormoni e tutto quello che mi hanno detto ubbidiente come un soldato. E quando dopo due anni al terzo tentativo, alla terza inseminazione è nata la piccolina non ci potevamo credere. Era bella, era viva, era nostra”.
Solo gioia, nessuna remora, nessun dubbio per la differenza di età, nessun rimorso per il futuro di una bambina dai genitori anziani anche se circondati da parenti e amici. “Mentre cercavo di rimanere incinta non ho mai pensato che poi avrebbe avuto una mamma o un papà vecchi, mi sentivo dentro la forza, l’energia, la voglia di crescerla. E così è stato. Io sono una combattiva e non mollo, la faccio filare. Non sono una nonna che vizia, che intenerita lascia correre. Sono una mamma che le sta dietro, affettuosa ma anche severa”.
A Maria non importa che sua figlia sia nata dall’ovulo di un’altra donna, che geneticamente non abbia nulla di lei, che non le somigli. È grata a quella sconosciuta che ha reso possibile il suo sogno ma non vuole terzi incomodi, non ci sono fantasmi in questa famiglia. “Claudia come carattere e fisico è tutta suo padre, ma la madre sono io. I figli sono di chi li cresce e li ama”, taglia corto. Di chi li ama e li fa rigare dritto aggiunge Claudia visto che per lei di discoteche neanche a parlarne, il pomeriggio si esce con gli amici, tutti sottoposti al vaglio e al piglio dei genitori, ma alle otto a casa per cena che domani si va a scuola.
Claudia guarda la madre e ride, quando Maria parte in quarta non la ferma nessuno. “È solare e irrefrenabile, forse un po’ ossessiva perché mi ripete le cose mille volte, ma quando parlo con le mie amiche che hanno mamme molto più giovani mi accorgo che hanno a volte più problemi loro di me. Ci discutono meno con i genitori, si sentono incomprese. Con mamma abbiamo la stessa allegria, la stessa fiducia negli altri, forse siamo un po’ ingenue. La differenza è che lei è energia concentrata e io sono pigra: lei si alza alle sei, spiccia casa, pulisce tutto da sola e poi mi sveglia per mandarmi a scuola. Sono la prima della classe e per lei, che avrebbe voluto ma non ha potuto studiare, questa è una bella soddisfazione”.
Claudia sa tutto di come è nata e non sembra crearle problemi. “Mamma ha cominciato a spiegarmi le cose da quando ero piccolissima. Mi diceva che voleva tanto un figlio, che era troppo vecchia per averne da sola e così ha chiesto aiuto al professor Antinori perché nascessi io. Poi col passare degli anni, mentre crescevo ed ero in grado di capire meglio una cosa così complicata, mi ha raccontato i dettagli”. Che lei, ora teenager del nuovo secolo, spiega con la stessa facilità e naturalezza con cui le nuove generazioni maneggiano i computer. Ovuli, donazione, gameti, inseminazione artificiale sono per Claudia parole di uso comune, al massimo sinonimi di un desiderio di maternità forte e trasparente che l’ha portata qui. “Perché non ci sono mai stati segreti in casa, non sono cresciuta con la sensazione di essere una figlia diversa ma solo molto desiderata. Tutto chiaro, alla luce del sole, detto. Ecco, le cose nascoste o non dette fanno più paura, ti lasciano addosso una sensazione di malessere e vergogna perché non capisci, non sai, ti senti come sulle sabbie mobili”.
Non è il suo caso e così quando alle elementari si trova davanti a scuola con le compagne dalle mamme ben più giovani e stupite per quella signora anziana che la tiene per mano, non ha tentennamenti. “Nessuna vergogna. Io spiegavo tutto, tutta la storia. Non mi importava cosa pensavano né mi importa ora. I miei amici più cari sanno come sono nata, gliel’ho raccontato io e ormai non se ne parla più, è un dato di fatto: io sono io e lei è mia madre, tutto qui. Non siamo fenomeni da baraccone, ma una famiglia normale con due genitori un po’ più vecchi del solito che mi hanno cresciuto nei valori tradizionali, insegnandomi l’educazione e il rispetto”.
E quando ha letto della Nannini ha pensato che è persino più giovane di quando sua madre è rimasta incinta. “Non ha un marito? Beh sono tanti quelli che poi un padre vero che si occupa di loro tutti i giorni non ce l’hanno. Se lei la sente, se può dargli affetto va tutto bene. Se non riuscissi ad avere figli con mio marito chiederei anch’io aiuto alla scienza, all’inseminazione”.
Genitori biologici, codice genetico, Claudia sa bene cosa significhino ma nel suo quotidiano di affetti tessuti tra passato e presente, tra una famiglia allargata di zii e nipoti, con la foto del fratello mai conosciuto sul comodino, accanto al poster di Avril Lavigne e alla collezione di smalti dai mille colori, sembrano parole lontane.
“Non sono curiosa di chi sia o come sia fatta la donna che ha donato anonimamente l’ovulo. Io di fisico assomiglio tutta a papà e una cosa è certa: io non ho due mamme. La mia mamma è una sola, Maria, perché è lei che mi ha voluto a tutti i costi, che mi ha portato in pancia nove mesi rischiando la vita, è lei quella che mi sveglia, mi fa ridere e mi sgrida. Quella che c’è sempre quando ho bisogno. Mamma è quella che mi prende in giro e quando chiedo ancora coccole mi rimbalza. Sei grande, cercati un fidanzato e fattele fare da lui, mi dice”.
da La Repubblica dell’8 settembre 2010
Le donne che ricevono l’ovulo danno qualcosa di sé al piccolo
«Mi chiamano il padre delle mamme nonne perché sono stato il primo nel 1988a far nascere grazie all’ ovodonazione tre gemelli da una donna di oltre cinquant’ anni in menopausa. A dare speranza a chi non l’aveva più come Maria». Severino Antinori, ginecologo di fama e contestazioni mondiali, nonostante questo mette un freno, vuole regole sulle aspiranti over 50.
Quante sono le mamme ultra cinquantenni?
«In Italia negli ultimi vent’anni almeno tremila, in America il 15 per cento delle fecondazioni assistite riguarda donne in menopausa. La differenza è che negli Usa la fecondazione eterologa è possibile, in Italia è vietata da anni per cui a migliaia sono costretti a viaggi all’estero».
È possibile a qualunque età?
«No assolutamente no. Secondo il nostro protocollo bisogna avere, vista la storia di famiglia, un’aspettativa di vita di almeno 20 anni. Si escludono poi le candidate con malattie cardiologiche, diabete, ipertensione ma anche depressione grave».
Rischi per le nonne mamme?
«Il rischio sia nella fase di trattamento, sia durante la gravidanza e il parto non è assolutamente superiore a quello riscontrabile in donne di 35-40 ani, a patto naturalmente che venga effettuata la rigida selezione per l’ammissione al protocollo di ovodonazione, che la gravidanza venga accuratamente e frequentemente monitorata».
Mamme biologiche o solo culle naturali?
«Un recente lavoro pubblicato da Nature Genetics ha dimostrato che la paziente che riceve l’ovulo per un fenomeno epigenetico riesce a modificare l’imprinting originario trasmettendo parte delle sue caratteristiche al bambino, modifica in pratica parte del codice genetico risultante dall’ ovulo donato e dallo spermatozoo. Insomma le mamme che ricevono un’ovodonazione non sono solo un contenitore, danno qualcosa di sé al piccolo». (c.p.)
da la Repubblica dell’8 settembre 2010
Ma i genitori anziani sono troppo protettivi
«Come fiori di serra. Amatissimi ma troppo accuditi, protetti e per questo fragili davanti alle complicazioni, alle durezze della vita. Così rischiano di crescere i figli di genitori anziani, di mamme nonne». Silvia Vegetti Finzi, psicologa, docente e psicoterapeuta dell’ infanzia, autrice di «Il bambino della notte, divenire donna divenire madre» (Mondadori), ha molti dubbi sulla maternità over 50.
Perché?
«Bisogna fare i conti con il proprio corpo, la propria realtà psicologica, le stanchezze dell’età. E un caso di super mamma nonna non cambia la realtà di molti. Quando si invecchia si diventa ansiosi, preda di mille paure. E questo si riflette sui bambini».
Come?
«Genitori ansiosi per paura educano con troppi divieti, sono troppo protettivi con i figli. Rischiano di farli crescere come in una bellissima serra ma senza metterli alla prova e alla prima difficoltà i ragazzini possono ritrovarsi impreparati, troppo fragili per la vita».
Dire ai figli dell’ovodonazione?
«Sì anche senza entrare nei dettagli. Basta raccontargli che li si è molto voluti, che pur di averli si è dovuto ricorrere all’aiuto medico e di un’altra persona che ha donato i gameti».
In Spagna i donatori sono anonimi, in Inghilterra a 18 anni si possono conoscere.
«Sono contraria, chi dona non si sente genitore, farlo conoscere al ragazzo sarebbe una violenza nei confronti di tutti: del donatore, del bambino, dei genitori».
C’è però un bisogno di identificazione, di riconoscimento fisico.
«Certo, essere figli di un donatore anonimo crea turbamento perché c’è difficoltà nell’auto definizione che passa anche dall’aspetto fisico e dalla storia familiare, ma forse si risolve il disagio comunicandogli l’idea che li si è molto desiderati, che si è fatto tutto questo pur di averli. Per l’identificazione fisica avranno le stesse difficoltà degli figli adottati».
Contraria alle mamme nonne?
«Credo che bisogna riflettere sul senso di onnipotenza che c’è dietro ogni desiderio, trovare una mediazione tra tempi biologici e i tempi sociali, ma non mettere limiti di età per legge. Parlando anche della fatica, delle difficoltà della maternità senza dare solo immagini idilliache». (c.p.)
Pur rispettando le decisioni personali e le storie che ci sono dietro ad ogni scelta di maternità in età avanzata, sono convinta che i tempi biologici segnano profondamente la nostra vita.
Sono rimasta colpita, leggendo i vari commenti e riflessioni nate dalla gravidanza della nota cantante Nannini, dal numero così elevato di donne che ricorrono e anche raggiungono tale traguardo.
Il tempo cosi detto sociale si è dilatato ma perchè non accettiamo la bellezza del limite…e non riconosciamo che ad ogni tappa della nostra vita possiamo vivere anche una maternità più allargata e diffusa… ad occuparci di altre o altri insomma . L’ incontro recente con Vittoria, ma potrebbe essere di altre donne che scelgono alla stessa età della Nannini di dedicarsi in modo silenzioso, in questo caso in Perù, come in altri posti nel mondo, alle bambine-domestiche fruttate e abbandonate… sinceramente mi sembra una ricchezza che non fa notizia . Un modo creativo di vivere la maternità nell’età avanzata …
Angela
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Cara Angela, a volte la penso come te. Penso insomma che ci sono tanti modi, dolcissimi e arricchenti, per poter vivere il proprio senso materno. Ma, non ti nascondo, di fronte alle donne che vanno fino in fondo nel loro desiderio di maternità e oltrepassano anche il limite biologico, mi capita di provare anche un senso di ammirazione. Mi sembra ci sia, nelle loro storie, coraggio e libertà, forza e amore smisurato. I due sentimenti in me si mescolano e non ce n’è mai uno che prevalga sull’altro.
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