di Maria Vittoria Giannotti
La notte in cui la sua casa prese fuoco, Mohamed Ayad tornò indietro, verso l’inferno di fiamme e gas da cui era appena fuggito. Doveva tornare indietro. Voleva mettere in salvo i documenti che gli avrebbero permesso un giorno di coronare il suo sogno: diventare un cittadino italiano e regalare un futuro migliore ai suoi figli. Non ce la fece: morì nella notte maledetta che incendiò Viareggio e straziò decine di famiglie. Era un anno fa. Ieri sua figlia Ibi, 22 anni, un sorriso timido e una forza d’animo che sorprende in una ragazza della sua età, ha realizzato quel sogno coltivato dal padre fino all’ultimo. Con voce incrinata per l’emozione e gli occhi lucidi, nella sala del Comune di Viareggio, ha giurato sulla Costituzione, ricevendo la cittadinanza italiana. Poi, sotto il flash dei fotografi, si è concessa un sorriso venato di una malinconia che, ormai, è diventata una compagna di viaggio: «Si avvera il sogno di mio padre che amava Viareggio. Questa cittadinanza è stata data a me, ma è come se l’avesse ricevuta tutta la mia famiglia».
Prima di quel 29 giugno, la vita di Ibi era la vita di una ragazza come tante altre. A quindici anni, insieme con la madre e al fratello Hamza, aveva lasciato Casablanca, in Marocco, per raggiungere il padre, che ormai da tempo nella cittadina portuale versiliana aveva trovato lavoro come operaio. La famiglia Ayad si era sistemata in un appartamento in via Ponchielli, la strada che costeggia la ferrovia, a due passi dalla stazione.