di Sandra Covre
«Era una delle firme più prestigiose del Corriere della Sera. Aveva trentatre anni. La figlia Benedetta aveva tre anni. Era lì. Oggi Benedetta vuole capire. Con forza, con delicatezza, ricostruisce la figura pubblica e privata del padre in un racconto che intreccia spietate vibrazioni intime ad analisi storiche lucide e rigorose. Cercando di comprendere cos’erano gli anni Settanta». Roberto Saviano
Benedetta Tobagi ci ha messo molti anni per riuscire a scrivere questo libro. Per elaborare il dolore e per completare le ricerche necessarie per scriverlo. Ricerche pignole, lunghe, fatte di letture di moltissimi documenti, di tutti i verbali tratti dalle testimonianze degli assassini del padre, di interviste ai protagonisti di allora.
È bello questo libro, avvincente come un giallo, commovente come una poesia, rigoroso come un’inchiesta. Ci narra la figura paterna nel suo ruolo di padre e nel suo impegno civile di giornalista; illumina di una luce abbagliante un periodo storico complesso e oscuro per molti di noi (anche se testimoni degli avvenimenti descritti), riportando alla ribalta fatti e nomi che riecheggiano nella nostra memoria.

Benedetta Tobagioria.
Oggi, che il tema della deontologia professionale dei giornalisti rimbalza su tutti i media, ci chiediamo come sarebbe stato il nostro Paese se i Tobagi, i Galli, gli Alessandrini, gli Ambrosoli, i Bobbio – e tanti altri – non fossero stati l’eccezione ma la normalità.