Cinzia, Veronica e i maschi di potere

Dopo Veronica, il caso di Cinzia Cracchi, la donna che ha di fatto costretto alle dimissioni il sindaco di Bologna. Intorno ai casi di queste due signore che hanno esposto al pubblico giudizio i comportamenti dell’ex marito e dell’ex fidanzato, Gad Lerner ha imbastito su Repubblica un articolo che merita di essere letto e commentato. Assieme. Ve lo riproponiamo qui di seguito.

LA DIGNITÀ DELLE DONNE

Cinzia Cracchi non dispone delle risorse persuasive e materiali di Veronica Berlusconi. Ma c’ è una scelta comune che lega la vicenda della moglie del presidente del Consiglio a quella dell’ ex compagna del sindaco di Bologna: per la prima volta il comportamento del maschio di potere in Italia viene sottoposto in pubblico a una critica femminile puntuale, tutt’ altro che moralistica. Non sarebbe accaduto se queste donne avessero taciuto, magari per risparmiarsi giudizi sprezzanti e violazioni della loro intimità. Le loro denunce giungono inaspettate, provocano dapprima reazioni di disagio e sospetto, ma, ormai è chiaro, avviano una modifica del costume nazionale gravida di conseguenze future che solo in parte riusciamo a intuire. Così, inaspettatamente, la questione della dignità femminile in Italia, benché sottovalutata o irrisa, assume un peso politico sempre maggiore. Tanto che il potere maschile non può permettersi di voltare la testa dall’ altra parte, subisce colpi alla sua credibilità, talvolta indietreggia spaventato. I sexgate che si susseguono clamorosi dalla primavera 2009 narrano forse di un paese bacchettone, retrivo, tradizionalista? È vero il contrario. Basti pensare al tributo di fiducia popolare con cui un trasgressivo leader omosessuale si è conquistato nuovamente il diritto di competere per il governo di una regione meridionale. Nichi Vendola non è stato per nulla penalizzato da scelte esistenziali forse complicate, ma vissute con trasparenza e rettitudine. Altro che sessuofobia: l’ opinione pubblica è forgiata da modelli televisivi guardoni e limitrofi alla pornografia – come il Grande Fratello, sempre più grottesco nelle pulsioni virtuali esibite – che determinano semmai frustrazione del desiderio erotico, ma non sollecitano di certo al perbenismo. Spadroneggia sul nostro immaginario un’ industria mediatica specializzata nell’ affiancare il sottobosco dello spettacolo con i potenti, a scopo d’ incenso o di ricatto, raggiungendo picchi di volgarità inauditi. Ci invitano così a esorcizzare come pettegolezzi (il famoso gossip) pure la denuncia dei comportamenti misogini e prepotenti di chi ha responsabilità istituzionali. Con monotona pervicacia fiocca il ritornello d’ accusa – «ma questoè gossip!» – a fronte dei rilievi sulla condotta personale di uomini disabituati alla verifica di correttezza del loro operato. E, tra i pettegolezzi, quante volte si cerca di soffocare pure i buoni argomenti di donne cui si è mancato di rispetto? Ormai la raffica di dimissioni scaturite, esplose, per la rivelazione degli eccessi di disinvoltura – in passato tollerati forse come «naturali» – è ragguardevole. Hanno lasciato l’incarico: il vicepresidente della giunta pugliese omaggiato di prestazioni sessuali mercenarie da un imprenditore; il presidente della Regione Lazio che pagava rapporti spruzzati di cocaina con dei transessuali; il sindaco di Bologna che ha mantenuto per anni la relazione insieme sentimentale e professionale con una funzionaria pubblica alle sue dipendenze, senza poi riuscire a darle una conclusione civile. Possibile che Flavio Delbono non considerasse deontologicamente inopportuno, già nel corso del suo prolungato «stare insieme» con Cinzia Cracchi, vivere ogni giorno con lei la gerarchia d’ ufficio mescolata alla confidenza? Un uomo di potere non poteva forse usarlo, quel potere, anche per tener almeno un po’ separate le due sfere? Si tratta di episodi diversissimi tra loro, in grado di suscitare diversi gradi di riprovazione non sempre logici (pur di nascondere il proprio amore con i trans un benestante a quanto pare può giungere al pagamento di trecentomila euro; mentre il «numero uno» d’ Italia è disposto a passare per sprovveduto pur di negare che l’ ennesima preda di una notte fosse una prostituta). Certo va precisato come i tre sexgate che hanno indotto alle dimissioni tre maschi di potere in pochi mesi, non evidenzino rilevanza penale. Fino a ieri l’ irrilevanza penale sarebbe bastata a garantire il silenzio; come se la condotta avvilente di uomini pubblici, di cui finisce sotto i riflettori anche la sfera privata, dovesse rimanere zona franca. Siamo progrediti o regrediti? Certo, se lo chiediamo solo ai diretti interessati o al loro entourage intessuto di complicità, la risposta sarà univoca. Immagino la loro amarezza personale. Così fan tutti, diranno, ma ci siamo andati di mezzo solo noi. Un, due, tre, guarda caso di sinistra, i dimissionari. Senza neanche la soddisfazione di poter accampare superiorità morale nei confronti di avversari che magari fanno di peggio, sogghignano, e a dimettersi non ci pensano neanche. Primo fra tutti lo sciupafemmine nazionale la cui signora per prima ha denunciato comportamenti disonorevoli. Il personaleè politico, dicevano una volta le femministe. Ora lo sta diventando per davvero. Scricchiola l’ impunità dei soprusi inflitti alla partner come ovvietà, legittimati dalla comprensione dell’ ambiente circostante. Perfino candidare le veline alle elezioni regionali, per capriccioo ricompensa, diviene più complicato. Perché bisogna darne pubblica motivazione, né basta più la motivazione di carattere ornamentale. Bisogna stare attenti. Oggi si dimettono a sinistra ma domani non si sa. Queste mogli rischiano di essere maledettamente trasversali.

GAD LERNER
da la Repubblica del 27 gennaio 2010

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