Gabriella Cims, coordinatrice dell’Osservatorio sui Servizi Audiovisivi, ha pubblicato un appello per introdurre una serie di emendamenti nel contratto triennale che stabilisce i doveri della Rai, per contribuire ad un nuovo cambiamento dell’immagine femminile nel servizio pubblico. Lo ripubblichiamo qui.
Appello a Romani, Calabrò e Garimberti: “Il servizio pubblico ha un’occasione da non mancare”
Non occorrono tanti preamboli per descrivere quello che appare evidente agli occhi di tutti. Si potrebbe evitare di condire ogni contesto di trasmissione televisiva con un pezzo di carne di donna. Perché è di questo che si tratta quando accanto al conduttore di turno, che in genere incarna l’autorevolezza, si espone una forma corporea femminile della cui testa – senza metterne in dubbio l’esistenza – il più delle volte nulla è dato sapere. C’è un concetto che si chiama dignità. Dignità umana, culturale e professionale. Credo che questo concetto, riferito alle donne, sia stato ultimamente troppo tradito dai mezzi di comunicazione, in un processo a valanga che sta travolgendo tutto e tutti, consci ed inconsci. Il rischio di una subcultura strisciante e un po’ medievale, che permea la società, dà il suo allarme quando la cronaca ci schiaffeggia con la violenza di minorenni su loro coetanee. E lì rimaniamo atterriti. La domanda che vorrei porgere a chi ha la responsabilità di decidere anche per gli altri, la cosiddetta classe dirigente, è quanta colpa abbiano quei ragazzini e quanta responsabilità chi non ha saputo formare in loro una più corretta rappresentazione-visione della figura femminile.
Lungi da noi il volersi lasciar andare a considerazioni censorie. La bellezza fa spettacolo. Intanto puntualizziamo che anche la bellezza maschile attira l’audience. Il punto è un altro. Ben venga (sic) l’aspetto spettacolare che lega a doppio mandato ad una rappresentazione corporea della donna ma occorre anche mostrare, con una dose maggiore di equilibrio, che ciò rappresenta solo uno dei molteplici aspetti che compongono il variegato “altro emisfero”, quello femminile.
Quante donne fanno gavetta e hanno successo in politica, nella ricerca scientifica, nell’imprenditoria, nella medicina, nella cultura? E a quante sarà data anche solo un’infinitesimale possibilità di rappresentare nel tubo catodico la loro esperienza di successo, le loro speranze e le loro fatiche, esattamente come abbiamo la possibilità si conoscere ogni millimetro emozionale delle partecipanti ai realities o ai concorsi bellezza, solo per fare un esempio? Perché stupirsi poi se tanta parte delle adolescenti, di qualsiasi estrazione sociale e livello culturale, ha come primo miraggio quello di diventare una velina o sue omologhe derivazioni. Quanto spazio, nondimeno nella Rai, il servizio pubblico dei cittadini, sarà dedicato ai successi e alle fatiche delle “altre”?
Chi accusa certa tivù commerciale deve anche spiegare cosa abbia fatto il servizio pubblico per porsi come alternativa che segna la differenza. Poi ci si interroga sulla disaffezione dal canone. Forse è venuto il momento, con pacatezza, di iniziare un nuovo corso. Non servono grandi rivoluzioni, per cambiare funzionano le riforme, occorrono idee chiare, iniziative concrete e la volontà per farle camminare.
Credo che la naturale scadenza, a dicembre, del contratto triennale che stabilisce i doveri della Rai, sia una di quelle occasioni da non perdere. Come responsabile dell’Osservatorio sui Servizi Audiovisivi insediato un anno fa dal Vice Ministro delle Comunicazioni, ho proposto una serie di emendamenti per contribuire ad un nuovo corso dell’immagine femminile nel servizio pubblico. Ma ciò non basta e mi appello in primis alla sensibilità del Vice Ministro Romani al quale dico: diamo un segnale, il servizio pubblico ha un’occasione da non mancare. Confido inoltre sul significativo sostegno del presidente dell’Autorità, Calabrò, e dello stesso presidente della Rai, Garimberti, ai quali chiedo di contribuire a sostenere un miglioramento sostanziale dello status-quo.
Del precedente contratto, va detto, una cosa colpisce più di altre: commi e articoli doverosamente dedicati a temi sociali sensibili e niente di pari rango dedicato ai temi inerenti le donne. Cominciamo da qui: in primo luogo anche le pari opportunità hanno dignità per dedicarvi almeno un comma ad hoc. Secondo: stupisce come, nella programmazione sociale, il contrasto e la prevenzione della violenza sulle donne sia un vistoso “omissis” (articolo 8 – comma 6). I casi di stupro nel frattempo non sono diminuiti ed anzi, come ci ha ricordato il Presidente della Repubblica nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, una su tre subisce violenza ancora oggi nel nostro Paese. Occorre una rivoluzione per inserire anche questa voce?
La Costituzione stigmatizza (articolo 3, 51 e 117) che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano l’uguaglianza anche dei sessi. Ebbene, affinché il dettato dei costituenti non rimanga solo una bella intenzione, forse sarebbe utile prima di tutto rimuovere l’ostacolo prodotto di fatto da una parziale rappresentazione della donna e dal diffondersi nell’opinione pubblica di un ruolo troppo circoscritto, e quindi riduttivo, che le donne svolgono nella vita sociale, culturale ed economica del Paese.
Il servizio pubblico può e deve più di altri, visto che si finanzia anche con il canone, impegnarsi a migliorare l’uso che si fa della figura femminile sia nei programmi già trasmessi, sia con nuovi spazi ad hoc che correggano il tiro, porgendo all’immaginario collettivo una gamma più articolata di modelli della femminilità. Non occorre una rivoluzione. Basta la volontà.
Un’ultima domanda. Esiste un Comitato ad hoc che monitora la programmazione dei minori e l’effettiva applicazione del Codice di autoregolamentazione che ne è alla base: sarebbe troppo ipotizzare analoga attività riferita al nuovo corso “donne e tivù”? Credo che occorra avviare un dibattito quanto più ampio possibile su questo e invito a prendervi parte non solo i vertici delle istituzioni ma ogni singola persona che proprio non si riconosce nei modelli di donna quotidianamente propinati.
Gabriella Cims
scusate, l’utopia ok: ma se il berlusca ci ha costruito un impero sulle tettone dal QI sottozero, mò arrivate voi e si prona dinanzi alle donne intelligenti? Ma quando mai!!!
Il problema è che gli italiani (maschi) quello VOGLIONO, ossia il simulacro delle escort
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Ma noi che cosa vogliamo?
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Su tutto questo sono d’accordo ma se il srvizio pubblico non va, sta ai cittadini vigilare e fare in modo che che si corregga e migliori. Osservatori, lobbies, movimenti…tutto il necessario. Ma devono essere in tanti. Da questo non si può prescindere. Ci vogliono le masse. Se le masse non ci sono in questo momento o sono contente così, come le muoviamo? Con campagne culturali e di sensibilizzazione capillari e costanti, per lanciare spunti di riflessione. Utilizzando i media e, se questi non funzionano, andandole a prendere direttamente queste masse portando il dibattito nelle case, nelle scuole, negli uffici, nelle strade…Oggi sembra un’ utopia, ma come hanno fatto le prime suffragiste e femministe che non avevano tv, cellulari, internet?
Lavinia
Se si vuole
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Lavinia, abbiamo bisogno anche del tuo aiuto (come di quello di tutte le persone che ci seguono). Puoi far circolare, per cortesia, l’appello di Gabriella Cims che abbiamo pubblicato sul nostro blog? Poco fa mi ha scritto dicendo che tutti i quotidiani hanno fatto muro e oscurato le sue parole. Soltanto Rainews24 le ha dato visibilità, dunque adesso tocca a noi. Io non la conosco personalmente, l’abbiamo contattata dopo aver letto della sua iniziativa di chiedere nuove regole per la Tv pubblica a proposito dell’uso dell’immagine femminile. Anche questo è il terreno su cui il gruppo Donne della realtà è nato. Adesso ognuna di noi deve fare la propria parte. Grazie
Paola Ciccioli
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Ebbasta! Tette e culi in tv non sono mica come i crocifissi nelle scuole! Si potrà ben levarli!
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Ho letto le parole di Gabriella Cims e condivido non solo la sua indignazione ma anche l’idea che sia necessario intervenire, dove e come possibile, per diffondere una più corretta rappresentazione della figura femminile:non se ne può proprio più! Un appello perchè il servizio pubblico inizi un nuovo corso in tale direzione é una iniziativa concreta che può funzionare, senza fare rivoluzioni ma con il contributo di molti e pertanto sono orgogliosa di dare una mano alla sua diffusione.
Maria Elena Sini
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Grazie a tutte, grazie Maria Elena. E’ importantissimo diffondere questo appello e invitare il maggior numero di persone possibile a esprimere il proprio parere sul blog di Donne della realtà. Dopo tanto gridare contro le offese alle donne, anche i giornali che sono stati in prima linea su questo fronte hanno oscurato l’iniziativa di Cims. Che, ripeto, è il primo passo concreto per cambiare la rappresentazione dell’universo femminile sulla televisione pubblica. Noi non vogliamo soltanto parlare e lamentarci, noi vogliamo cambiare le cose. Baci
Paola Ciccioli
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Anche io come tante non mi riconosco nei modelli di donna quotidianamente propinati in tv da ALTRE DONNE PURTROPPO CHE COSCIENTEMENTE O INCOSCIENTEMENTE si prestano al dilagare di questa incultura e azzeramento della dignita` femminile. Nel mio piccolo cercherò di divulgare láppello.
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Grazie, Margherita. C’è l’opportunità di passare dalle parole ai fatti: non dobbiamo lasciarla sfumare.
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Da molto tempo mi sento offesa da quanto passa la televisione, pubblica e privata, sull’immagine famminile.Ha cominciato Mediaset con le veline, ma la teelevisione nazionale ha copiato alla grande. Purtroppo le donne televisive si comportano senza dignità: tette in mostyra anche per leggere il meteo o qualsiasi altra cosa. Speravo in Lucia Annunziata, ma sono delusa. Anche le nostre “comiche” come la Litizzetto, la Cortellessi, la Dandini, non danno segnali di dissenso. La pubblicità è semprev sgradevole con le donne: portatrici di tutti i fastidiosi malanni, dalla stitichezza alla diarrea, e quant’altro di miserevole.In occasioni di incontro ho proposto di boicottare i prodotti “offensivi”, e sono disponibile per ogni altra adeguata iniziativa. Salve
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Mi sono imbattutto un poco per caso nell’appello di Gabriella Cims. Lavoro in un campo rofessionale nel quale, al pari di molti altri nel nostro paese (troppi in verita’), nonostante gli enfatici proclami recati dalla carta costituzionale, il mondo femminile gioca la sua partita sempre fuori casa. E’ una continua affannosa corsa verso una parita’ che, malgrado tutto, rimane sempre lontana come nella metafora Achille e la tartaruga: apparentemente a portata di mano, ma di fatto mai completamente afferrabile! Mi rifiuto di credere che non vi sia altro modo di rendere omaggio a tutto cio’ che il meraviglioso mondo femminile che ci circonda, che amiamo ed al quale tanto dobbiamo sia quello delle “cornicette” televisive! Cio’ svilisce in profondita’ cio’ che amiamo e a cui tanto dobbiamo: le nostre madri, mogli, figlie; in altre parole l’anima della nazione! Al contempo innesca una spirale discendente della cultura italiana destinata, nel tempo, a determinare danni forse mai più reparabili sulle nuove generazioni! Per questo sono fermamente convinto, come uomo e cittadino di una nazione che vive nel momento attuale uno dei momenti di maggiore confusione ed incertezza politica, che il coraggioso appello della sig.ra Cims sia senz’altro da accogliere e sostenere! Con forza e senza esitazione. E’ importante, forse fondamentale, dare un chiaro segnale, a livello politico ed istituzionale, che vi e’ la concreta volonta’ di riconoscere finalmente ed una volta per tutte all’insostituibile contributo delle nostre donne nei più svariati campi della cultura quel ruolo che spetta loro di pieno diritto e che per troppo tempo e’ stato loro fino ad ora centellinato con intollerabile parsimonia! Carlo Way
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Non condivido quanto scritto nell’articolo, e non ritengo verosimile quanto scritto nel precedente commento del Sig. Carlo.
Beppe
p.s. accettate pareri discordanti oppure censurate sistematicamente
chi non è d’accordo ?
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