Da City – Le donne italiane non ne possono più

CHIARA VOLPATO Insegna psicologia sociale all’università di Milano-Bicocca. Un suo articolo sul New York Times ha fatto il giro del mondo: sostiene che le italiane sono pronte a scendere in piazza.

Professoressa Volpato, perché le donne italiane dovrebbero protestare?
Il modo in cui la classe dirigente italiana le tratta non ha uguali nelle democrazie occidentali. Anzi, in una democrazia non è tollerabile.
Si riferisce all’imprenditore che ha confessato di aver pagato donne per far sesso con il premier Silvio Berlusconi e un politico locale del Pd, per ottenerne i favori?
Mi riferisco a quello, alle cosiddette veline in politica, alle donne che tuttora compaiono in tv svestite e mute, accanto a uomini vestiti, più anziani e parlanti.
Qual è il problema?
Che sulla scena pubblica le donne vengono usate. Lo ha detto lo stesso avvocato del premier, Niccolò Ghedini, quando ha definito Berlusconi “utilizzatore finale” di una prostituta. Così le donne vengono ridotte a un oggetto, sminuite, addirittura vendute. È vero che succede ogni giorno sulle strade, ma è grave che coinvolga i massimi livelli dello Stato.
Il premier Berlusconi oggi ha negato “di aver mai pagato qualcuno per una prestazione sessuale. Da cacciatore”, ha spiegato, “che divertimento ci sarebbe?”.
Intanto ha usato la metafora della caccia, delle donne come preda, da prendere, conquistare, consumare. Se non è sessismo questo! Le donne vere, quelle di ogni giorno, dove sono? Dove siamo?
Molte persone pensano che questa sia solo una faccenda privata del premier. E di sicuro non è un reato.
Ormai in Italia c’è l’idea che un politico debba dimettersi solo se ha responsabilità penali. Ma non è così: una persona che riveste un ruolo pubblico ha degli obblighi morali e politici. È responsabile dell’immagine che dà di sé e del Paese.
Cioè?
È come se dicesse agli uomini: le donne si usano solo o come mogli per fare figli o come amanti per il proprio piacere. E alle donne dice: voi potete stare sulla scena pubblica solo come decorazione, non come persone che contribuiscono al bene comune del Paese. Lo stesso succede in tv: le donne ridotte a immagine diventano un modello.
Se una vuole usare il proprio corpo per fare carriera, perché non dovrebbe?
Che tipo di carriera fai usando il corpo? Alla fine vieni usata. E poi: se tu usi molto il tuo corpo, il cervello passa in secondo piano: nessuno te lo riconosce più, anche se ce l’hai. Infine le ricerche scientifiche mostrano che le donne che puntano sul corpo pagano un prezzo molto alto.
Quale prezzo?
Finiscono per guardarsi con lo sguardo degli altri; non pensano più “Cosa posso fare io della mia vita?”, ma “Cosa provano gli altri di fronte al mio corpo?”. Gli studi psicologici mostrano che perdono fiducia in se stesse, hanno scarsa autostima e si ammalano più spesso di depressione.
Però si dice che in politica valga ogni arma e che le belle donne portino più voti…
Nessuno pensa di dire: Raul Bova è un attore bellissimo, facciamogli fare il ministro della Cultura, facciamogli fare il ministro delle Pari opportunità. Vale solo per le donne. Oltretutto questo fa male anche alla politica.
Danneggia la politica?
Sotto c’è l’idea che la politica sia solo immagine. Invece significa lavorare per fare stare meglio un Paese .E questo richiede capacità e competenza. Io sto in università: le assicuro che di donne competenti ne vedo tutti i giorni. Ora la politica valorizza soprattutto le altre.
I suoi sembrano discorsi femministi: non è passata quella stagione?
Non ho mai fatto parte di gruppi femministi. Ma più invecchio e più divento femminista: lo richiedono i tempi.
Cosa intende?
Le donne italiane sono quelle che in Europa lavorano di più rispetto agli uomini : perché si accollano il lavoro domestico. Quindi devono sottrarre energie a quello fuori, o rinunciare ai figli. Se poi parli con chi fa selezione del personale, ti dice che a parità di competenze tra una donna e un uomo si sceglie sempre un uomo.
La discriminazione di genere è un problema solo delle donne?
Il maschilismo obbliga anche gli uomini ad avere un ruolo molto limitato. In più ricerche americane dimostrano che oggi le città più all’avanguardia sono quelle in cui donne e gay occupano posti dirigenziali. Noi li escludiamo. Dovremmo valorizzarli: non batteremo mai l’India facendo le magliette più economiche, ma essendo più creativi, inventando prodotti nuovi.
Perché lei ha preso posizione e scritto l’articolo sul New York Times?
Perché non lo faceva nessuno. Io insegno a ragazzi e ragazze dell’università e ho sentito che loro erano a disagio con quello che stava succedendo: volevano una risposta. Siccome ho anch’io un ruolo pubblico, una responsabilità, ho sentito che lo dovevo a loro e alle mie figlie adolescenti. Perché sapessero che l’Italia non è solo quella che appare in tv.
Elena Tebano

City 11 sett2009 intervista a Chiara Volpato

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